Nuovi delitti nella camera chiusa di Rino Cammilleri, Mondadori 2021.

Dopo Delitti nella camera chiusa ecco il seguito. Avevo cominciato a commentare ampiamente ogni singolo racconto quando mi sono accorto che ci avrei scritto sopra un altro libro. Allora meglio sintetizzare, mi sono detto. Sì, meglio sintetizzare.

Sintetizzo. Ma è mica facile perché le cose da dire sono davvero molte. Comunque due sono gli elementi che saltano subito agli occhi a fine lettura: il tempo e lo spazio. Il tempo in cui avvengono gli avvenimenti narrati e i luoghi in cui si concretizzano. Ora siamo ai giorni nostri, ora via a scalare nel Novecento, Ottocento, Seicento, Cinquecento e Duecento. Senza contare che un racconto è costruito in un futuro più o meno lontano dove ogni gruppo ideologicamente orientato, ovvero i cattolici, i musulmani, i vegetariani, gli omosessuali e via discorrendo si becca il proprio pianeta. Qui siamo a Bensalem  fondata da Alexis Rutherford dove è bandita la proprietà privata e dei corpi. Nel suo alloggio chiuso viene trovato morto il Magister Octavius 32 con un coltello piantato nel petto. Suicidio? Uhmmm…

Dicevo del tempo ma anche dello spazio, per cui possiamo ritrovarci nel nostro paese come in Inghilterra, in Francia, in Giappone, nell’Ecuador e perfino tra gli zulu! Siamo nel 1823 e abbiamo due inglesi nel kraal di Shaka, guerriero zulu detto il Napoleone africano, per conto di sua maestà Giorgio IV. Shaka ha imprigionato il re dei kingeni, chiedendogli ogni giorno di mettersi al suo servizio, in una prigione fatta a cubo che si può aprire solo dall’interno. Al quinto giorno non risponde alle profferte e, abbattuta la porta, lo trovano morto infilzato da una iklwa che gli trapassa il collo da parte a parte. Probabilmente mentre dormiva. Come è possibile? Ma uno dei due inglesi, salito sul tetto, capisce…

Tempo, spazio, personaggi. Ecco un altro punto da sottolineare. Personaggi indagatori di tutte le specie: commissari, ispettori, appuntati, capitani, marescialli, inquisitori, preti, uomini comuni. Tra i quali anche un certo Shylock Homer con il sergente Sean O’ Malley che ci ricordano la famosa coppia. In una villa stile vittoriano fuori Brighton viene trovato morto il capofamiglia Victor Humperdinck tra le sue amate conchiglie dopo un urlo “Ne manca una! Ne manca una!”. Naturalmente porta sbarrata all’interno. Tutti della famiglia hanno un motivo per odiarlo. Occorre un’idea, un’illuminazione per scoprire il colpevole e, quando Shylock viene a sapere che il morto soffriva di stipsi, ecco il classico grido “Ma è elementare, O’ Malley!”. Basta farsi una cultura sulle conchiglie…Li ritroveremo ancora in un altro racconto con i tipici scontri tra i due a volte davvero esilaranti.

Avanti. Ambientando gli avvenimenti in certi periodi storici l’autore ci offre un piccolo spaccato del tempo. Come, per esempio, l’odio verso i papisti nell’Inghilterra del 500, o al tempo dei catari nel 200 quando il domenicano inquisitore Corrado da Tours deve scoprire chi ha ucciso l’abate nella sua stanza dopo aver gridato “Il diavolo! Il diavolo!”. Oppure ecco uno sguardo veloce sui giovani nel Giappone attuale. Vediamo un po’. Siamo ad Osaka con l’ispettore Matsudaira Hiroshi. In Giappone lavoro, lavoro, lavoro o il fenomeno degli hikikomori, ragazzi chiusi nelle loro stanze davanti al computer senza mai uscire. L’ispettore è chiamato dal suo capo Katsuko. Deve risolvere il caso proprio di un hikikomori, il figlio del prefetto trovato morto nella sua stanza con il maledetto computer. Porta sfondata perché chiusa all’interno. Per l’ispettore importante una moneta bitcoin e una puntura di zanzara in un piede del morto.

Giovani di oggi, dicevo, che non vivono più come quelli di una volta ma che possono risultare sempre utili con i loro mezzi moderni a disposizione. L’appuntato Lauricella sta consolando il signor Giovanpietro che ha perso la moglie trovata impiccata al lampadario della camera da letto. Chiusa a chiave, naturalmente, dopo essere stata sfondata dai carabinieri. Sul comodino una scatola di psicofarmaci perché soffriva di crisi depressive. A casa del nostro appuntato il figlio, spiccicato a tutti gli altri ragazzi di oggi, ovvero uno sneakers che attraverso YouTube si rivelerà assai prezioso…

A volte il racconto può basarsi addirittura su un fatto realmente accaduto. Due marescialli amici. Una bella ragazza scomparsa in un paesino dell’alta Italia. Trovata morta in un capanno chiuso a chiave con il cranio fracassato. Basterà una frase pronunciata nel discorso funebre a far scoprire l’assassino. Fatto salito alle cronache nel 1937.

Insomma, per non farla troppo lunga, attraverso quattordici racconti vengono svelati i segreti per scoprire i trucchi di un omicidio nella classica stanza chiusa a chiave dall’interno (spesso l’assassino si serve del veleno). I personaggi sono ben costruiti, nascono dubbi, ipotesi, congetture, piccoli brividi insieme a momenti di simpatico sorriso e la luce che si accende improvvisa, magari, tanto per portare un esempio, attraverso il ricordo di una frase trovata in “Dalia nera” di James Ellroy, ovvero “Cherchez la femme”. Qualche racconto un po’ affrettato e scontato ma nel complesso una piacevole lettura.

P.S.

Per l’autore. Ho letto anche l’introduzione.