Giace in prossimità del tinello della sua abitazione, sfigurata. Indossa una camicetta a fiori e dei pantaloni rossi, calza delle pantofole. Accanto, una bottiglia di cristallo da rosolio, macchiata di sangue, con cui è stata ripetutamente colpita al volto. Il resto del corpo è lacerato da circa dieci fendenti inferti con un coltello da cucina, dalla lama lunga una quindicina di centimetri, anch’esso in terra in prossimità del corpo. Sul tavolo del salotto vi sono due bicchierini di liquore mezzi vuoti, una bottiglia di “Strega”, aperta, un posacenere con due mozziconi di sigaretta. Nel lavandino di cucina, tracce di sangue. Il resto della casa è in ordine. La porta con la serratura di sicurezza non è chiusa con le mandate. Le finestre sono aperte. Nessun segno di effrazione.

La maestra di pianoforte

Così si presenta la scena del brutale omicidio di Clotilde Fossati, 81 anni, uccisa venerdì 10 giugno 1988 in un appartamento dello stabile popolare sito in corso Porta Nuova n. 36, a Milano. Nonostante l’età, Tilde, come la chiamano gli amici, conduce una vita dinamica, ha numerose frequentazioni e coltiva ancora la passione per il pianoforte, impartendo lezioni ad alcuni allievi, presso le loro abitazioni. Ha perso il marito da una ventina d’anni.

Clotilde Fossati
Clotilde Fossati

Una nipote, Marisa Locatelli, le telefona spesso per accertarsi delle sue condizioni, per chiederle se abbia bisogno di qualcosa. Il giorno del delitto, in effetti, Tilde non le risponde al telefono, ma sua nipote, al momento, non se ne preoccupa. Alle ore 17, la signora Fossati non si presenta a casa di un’allieva, per la concordata lezione. Marisa Locatelli inizia ad allarmarsi dopo ripetuti tentativi di contattare telefonicamente la zia e, la notte tra sabato 11 e domenica 12 giugno, telefona ai vigili del fuoco perché si rechino a casa sua.

Qui rinvengono il corpo martoriato dell’anziana donna, in una scena del crimine altrimenti ordinata, da cui non è stato sottratto nulla, tranne – si accerta nel corso dell’inchiesta – la borsetta della vittima. Alcuni giorni dopo, questa verrà recuperata poco lontano da corso Porta Nuova, in un cestino dei rifiuti posto all’angolo tra via San Marco e via Moscova. All’interno della borsetta, argentata, vi sono un documento di identità della vittima, gli occhiali, un portamonete vuoto, il libretto degli assegni, un flacone di collirio.

Le armi del delitto
Le armi del delitto

Corso Porta Nuova, n. 36

Il contesto dell’omicidio, che i giornali definiscono “il delitto del rosolio”, è singolare. Clotilde Fossati è l’ultima inquilina rimasta a vivere nello stabile, interamente rilevato da una società finanziaria intenzionata a ristrutturarlo per riconvertirlo in un condominio di lusso, destinato essenzialmente ai giovani “rampanti” dell’epoca.

Gli altri inquilini, anziani, hanno preferito trasferirsi altrove, Tilde continua invece a ignorare le pressioni in tal senso esercitate dagli acquirenti dell’immobile, che da tempo le hanno anche notificato un’intimazione di sfratto. Ripete che se ne andrà dall’appartamento solo da morta.

I lavori di ristrutturazione del condominio sono in corso. La geometra della società finanziaria reitera i suoi tentativi di convincere la signora Fossati, le telefona ripetutamente, si reca a trovarla. Lei, a quanto sembra, è irremovibile.

Sospettati

L’indagine sull’omicidio si rivela fin da subito complessa e problematica. A quanto è possibile ricostruire, il 10 giugno, di mattina presto, la domestica di Tilde riordina la casa e, verso le ore 12, l’anziana maestra di pianoforte riceve l’ennesima telefonata della geometra. Alle 13 si sente telefonicamente con il suo avvocato. Pochi minuti dopo sembra poi che non risponda a una ulteriore chiamata della geometra. Alle 17, come accennato, è attesa in casa di una sua allieva per una lezione e, senza informarla, non si presenta.

Esclusa la possibilità di un omicidio conseguente a un tentativo di rapina, gli investigatori valutano la possibilità che il delitto sia scaturito da motivazioni più intime e personali. Il primo sospettato è comunque uno dei muratori impegnati nei lavori di ristrutturazione dello stabile, che ha provveduto a sbarrare proprio le finestre dell’appartamento in cui vive la Fossati. Per il lasso di tempo in cui verosimilmente il delitto è stato commesso, non sembra avere un alibi: nessuno dei suoi colleghi lo avrebbe visto durante la pausa pranzo. Nel corso degli interrogatori a cui è sottoposto, l’uomo appare confuso e intimorito, si contraddice. Ma, a suo carico, non sembrano emergere effettivi riscontri.

Chi indaga focalizza quindi la sua attenzione su Marisa, la nipote di Tilde. È sospettata perché, constatato che la zia non rispondeva al telefono, ha atteso circa due giorni prima di segnalare la circostanza, tra l’altro contattando i vigili del fuoco e non la polizia. Anche in questo caso, non è tuttavia possibile acquisire concreti elementi incriminanti.

Si valuta allora la posizione della geometra della società che ha acquistato lo stabile, sembra che disponga di un solido alibi. E, interrogata dagli inquirenti, sostiene che, prima di essere uccisa, la signora Fossati avrebbe infine accettato di abbandonare lo stabile in corso Porta Nuova per trasferirsi in un appartamento sito in corso Como, persino più spazioso, in cui avrebbe facilmente potuto collocare il suo pianoforte.

L’ultima persona su cui si concentrano i sospetti, alcuni mesi dopo il fatto, è il figlio ventenne della domestica di Tilde. Certe voci che lo vorrebbero coinvolto nella vicenda si rivelano peraltro del tutto infondate.

Domande senza risposta

Le tracce materiali presenti sulla scena del crimine – due bicchierini di liquore pieni per metà e due mozziconi di sigaretta nel posacenere del salotto – avrebbero potuto rivelarsi assai utili all’indagine, dal punto di vista criminalistico e criminologico.

La donna non fumava, il che giustifica una prima possibile ipotesi: Tilde accoglie in casa una persona a lei conosciuta, la fa accomodare in salotto, le offre un bicchiere di liquore e ne prende uno per sé. I due parlano a lungo, l’offender ha il tempo di fumare due sigarette. Poi si verifica l’aggressione omicida. Possibile che l’omicida colpisca la donna al capo con una delle bottiglie presenti in salotto e, afferrato il coltello da cucina, le infligga poi le pugnalate mortali. Concluso l’attacco, il soggetto si lava le mani nel lavandino di cucina e, forse nel tentativo di accreditare l’ipotesi del delitto a scopo di rapina, prende la borsetta della vittima e, allontanandosi da corso Porta Nuova in direzione via San Marco e via Moscova, se ne disfa gettandola in un cestino dei rifiuti.

Sembra tuttavia che la donna non amasse bere, il che renderebbe necessario prospettare almeno una variazione su questo tema, ipotizzando in azione due offender, che Tilde fa entrare, cui offre il liquore senza berlo a sua volta. I soggetti fumano una sigaretta a testa e in seguito pongono in essere l’aggressione mortale.

Chi ha ucciso l’anziana insegnante di pianoforte? A quale ambito della sua vita potrebbe ricondursi l’aggressore? Le interazioni della signora Fossati, all’epoca dell’omicidio, sembrano circoscritte all’ambito familiare, a quello delle sue amicizie, dei pochi allievi cui faceva lezione e dei nuovi padroni di casa che intendevano indurla a trasferirsi altrove.

Non abbiamo ovviamente nessuna pretesa di approdare a valutazioni conclusive, né in tema di dinamica degli eventi, né dal punto di vista delle possibili motivazioni di chi ha agito. I tratti assai cruenti dell’azione criminosa sembrerebbero comunque evocare uno stato emotivo particolarmente alterato, con buona probabilità associato a una conoscenza della vittima, non meramente occasionale. Possibilità del resto suggerita anche dal fatto che quest’ultima abbia permesso al suo carnefice di entrare liberamente in casa. Forse lo aspettava o forse lo ha accolto senza che costui avesse preannunciato la sua visita. In ogni caso, inizialmente, il soggetto agente non dovrebbe aver imposto la propria presenza alla Fossati.

Il tentativo di “staging” abbozzato dall’offender dopo l’omicidio (il furto della borsetta, abbandonata poi nei pressi del luogo del delitto) sembra finalizzato a evocare un’aggressione da parte di sconosciuti, cercando di indurre gli investigatori a escludere appunto l’idea di un qualche legame personale tra vittima e aggressore. Ma si tratta, ci sembra, di un tentativo goffo, improvvisato, senza un lucido e strutturato disegno criminale a lungo termine. Come privo di premeditazione potrebbe essere stato il delitto stesso, scaturito da una incontrollabile deflagrazione di rabbiosa violenza. Congetture e valutazioni, queste, destinate con ogni probabilità a rimanere senza riscontro.

Madame Strauss

Al “delitto del rosolio” lo scrittore Renato Olivieri si è ispirato per l’elaborazione della trama di Madame Strauss, un romanzo del 1993 con protagonista il colto e malinconico commissario Ambrosio. Questi indaga appunto sull’omicidio di Alma Luraghi, una donna di mezza età che dà lezioni di pianoforte. E, muovendosi tra salotti borghesi e periferie degradate, giunge infine a identificare il colpevole. Nella realtà, il responsabile della morte di Clotilde Fossati continua a non avere un volto.

Riferimenti

A. Accorsi, D. Ferro, Milano criminale, Newton Compton, Roma, 2007.

A. Galli, “Clotilde Fossati, il mistero della maestra di piano: un bicchiere di liquore con il killer, che lei conosceva (e non fu mai trovato)”, Corriere della Sera, 9 agosto 2024.

A. Geraci, “Il ‘delitto del rosolio’: Clotilde Fossati uccisa in casa sua a Milano 35 anni fa, il giallo mai risolto”, Corriere della Sera, 9 novembre 2023.

A. Jelardi, Bianco, rosso e… giallo. Piccoli e grandi delitti e misteri italiani in venticinque anni di cronaca nera (1988-2013), Kairòs, Napoli, 2014.