Abbiamo incontrato Marcello Simoni, autore Premio Bancarella che con i suoi thriller a sfondo storico sta incantando sempre più lettori, in questi giorni in libreria con il suo nuovo romanzo: Il labirinto ai confini del mondo (Newton Compton), l’ultimo della trilogia del Mercante di libri maledetti.

    

Per chi non si sia ancora lasciato contagiare dal successo dei suoi romanzi, sapresti dirci chi è Marcello Simoni e cosa lo appassiona?

È una persona che ha sempre amato scrivere, fin da ragazzino. La passione per la narrativa di genere ha impresso una direzione alla sua creatività, e passando per il gotico, l’horror e il noir ha trovato uno sbocco naturtale nel medieval thriller. Altro elemento non trascurabile è la sua formazione di bibliotecario-archeologo, che gli consente di trarre suggestioni sempre nuove dai misteri della storia. Ama il fumetto, il cinema, e perdersi nei suoi romanzi.

     

Promessa da anni, finalmente arriva in libreria la conclusione della Trilogia del Mercante: che effetto ti fa vederla finalmente concretizzata?

Euforia e malinconia al tempo stesso. Il labirinto ai confini del mondo segna senz’altro una tappa importante della mia produzione narrativa. Il suo protagonista, Ignazio da Toledo, mi ha accompagnato per ben tre anni a indagare sui misteri del Medioevo, tra esoterismo e delitti efferati. Nel frattempo ho esplorato vari ambiti della fiction, dall’avventuroso al giallo, cercando di perfezionare il mio stile. In questo ultimo romanzo troverete Napoli e Parigi, nella Pasqua del 1229, adombrate dal magister di una setta “luciferiana”, ma anche dalla presenza di un uomo tremendo davvero esistito: l’inquisitore Konrad von Marburg. Il mercante da Toledo avrà filo da torcere.

     

Il tuo personaggio risolve enigmi ma principalmente vende “libri maledetti”: Ignazio è un detective medievale o un “furbacchione” a cui capita di risolvere casi?

Come afferma Carlo Oliva (in Storia sociale del giallo), il celebre Vidocq fu il primo ad adottare tecniche investigative propriamente dette. Siamo nell’Europa del primo Ottocento e stiamo parliando della Sûreté parigina. In precedenza, le operazioni di polizia servivano soltanto a mantenere l’ordine e a dare la caccia a qualche brigante o cospiratore. Tutto ciò che viene storicamente prima, sia nell’ambito della realtà che della fiction, è avvolto in un alone indefinito in cui il “detective” non agisce per mestiere ma per diletto, necessità o... curiosità. Quest’ultimo è il caso di Ignazio da Toledo, un mercante di reliquie che sfrutta la propria posizione per viaggiare e per accedere a diversi aspetti del sapere proibito. Parlo di esoterismo, alchimia, magia talismanica e tutto ciò da cui un “uomo dabbene” dovrebbe tenersi lontano. Ma Ignazio non lo è. Non del tutto, per lo meno. È accorto, scaltro, pronto a mentire o a rubare pur di ottenere ciò che desidera. E spesso, ciò che desidera è custodito fra le pagine di un libro.

   

Con la “Rex Deus Saga” ti sei cimentato nel classico feuilleton virato al digitale: cosa puoi raccontarci di questa esperienza particolare?

Tutto è nato da una sfida. Il mio editore (Newton Compton) mi ha chiesto di cimentarmi nella stesura di un romanzo digitale a puntate, proprio in omaggio alle forme narrative del feuilleton. Inutile dire che ho accettato al volo, con entusiasmo, prima ancora di avere in mente una storia. Poco dopo, avevo già elaborato un abbozzo di trama: un’avventura di mare e coraggio, ambientata in pieno Cinquecento al largo dell’isola d’Elba. Avevo sempre desiderato scrivere un romanzo di corsari, duelli e battglie navali. Ebbene, L’isola dei monaci senza nome è uscito dalla mia penna senza quasi che me ne accorgessi.

     

Con il tuo recente ebook “L’enigma del violino” ti cimenti con il più classico dei gialli, quello della porta chiusa. Vuoi parlarcene?

Si tratta di un racconto lungo, l’ennesimo omaggio a Sherlock Holmes, che vede come protagonista un detective improvvisato, Vitale Federici, vissuto nel Settecento. Nello specifico, la mia idea prende le mosse dal secondo romanzo del “Sacro Canone” di Conan Doyle, Il segno dei quattro, in cui una persona viene trovata morta all’interno di una camera sigillata dall’interno. Nel mio breve giallo, però, si tratta di un violinista, e la location è il Palazzo Doria Pamphilii di Roma. Il giovane ma geniale Vitale Federici, già protagonista del mio I sotterranei della cattedrale, dovrà risolvere il caso per non finire incriminato di omicidio. Muovendosi fra loschi liutai e fanciulle licenziose, si troverà di fronte a un complotto massonico legato alla figura di Cagliostro.

     

Cosa ne pensi alla fine dell’editoria digitale? Un’integrazione o una concorrente della cartacea?

Assolutamente un’integrazione. Stiamo parlando di universi paralleli e di bacini di utenza differenti. Entrambi sono necessari. E come tutto ciò che serve ad avvicinare la gente alla lettura, ben venga anche l’ebook!