Se non ci fosse stato Sherlock Holmes nessuno avrebbe mai sentito parlare di Hercule Poirot. I due investigatori che hanno reso memorabile la letteratura gialla anglosassone hanno avuto una nascita differente ma, per uno strano scherzo del destino, hanno segnato la vita dei loro creatori più di quanto loro stessi si aspettassero, trasformandosi da semplici personaggi letterari a miti mondiali dotati di una seconda vita che potremmo definire extra letteraria, fino a diventare parte stessa della storia inglese. Non è un caso che Agatha Mary Clarissa Miller Mallowan Christie – per tutti Agatha Christie - (classe 1890) abbia scelto l’investigatore più famoso del mondo per crearne uno altrettanto famoso e, in certi casi, anche più reale del suo “avo letterario”, dando vita ad un personaggio che per oltre cinquant’anni ha monopolizzato la letteratura gialla in mezzo mondo. La Christie, che ha sempre ammesso questo debito con il connazionale Sir Arthur Conan Doyle, fin da bambina mostrò di avere grande interesse per la lettura e una spiccata immaginazione nel raccontare favole e scrivere poesie. Certo non pensava né le importava di diventare una scrittrice di fama internazionale (tanto meno di mystery) ma si dilettava a comporre testi non appena aveva del tempo libero, facilitata dal fatto che non frequentò mai la scuola pubblica ma ricevette lezioni private da alcune istitutrici e dall’amatissima madre. Quando Agatha era poco più che bambina i racconti gialli, o detective story, avevano già registrato una certa diffusione tra il ceto medio della popolazione e, sebbene non fossero considerati alta letteratura, godevano di molta popolarità tra il pubblico, in parte dovuta all’eccezionale diffusione dei racconti di Sherlock Holmes e in parte perché venivano considerati un passatempo avvincente e non impegnativo. Agatha Christie si avvicinò a questa letteratura sfogliando Edgar Allan Poe (il celebre racconto de I delitti della via Morgue fu tra i suoi preferiti) ma non disdegnò mai opere di altri autori come Gilbert Keith Chesterton (creatore di Padre Brown) e Richard Austin Freeman (ideatore del celebre dottor Thorndyke) che hanno contribuito a rendere molto versatile il panorama del giallo europeo ai suoi albori. Venne quindi la coppia Holmes-Watson e una serie di incredibili indagini che lasciarono il segno nell’immaginazione della giovane Agatha, convincendola a seguire la strada disegnata da Doyle nel creare storie credibili di delitti incredibili. La materia preferita di Agatha Christie, ai tempi dei suoi anni di formazione, fu la matematica: trovava affascinante far quadrare i numeri e non lasciare nulla al caso. Da qui si spiegano molti suoi libri che, se analizzati bene, non sono altro che problemi matematici in attesa di essere risolti dal brillante investigatore di turno. Accantonata l’aritmetica per un po’ di anni, nel 1906 la Christie si trasferì a Parigi con la madre (il padre era morto nel 1901) e qui tentò di sfondare come cantante senza ottenere un grande successo. Per lei fu un vero dispiacere non poter continuare con la carriera da solista, per noi una fortuna incredibile dato che da lì a pochi anni la sua attenzione l’avrebbe catturata uno strano ometto belga sbarcato come profugo in Inghilterra durante la prima guerra mondiale: il geniale Hercule Poirot. Dall’abbandono delle scene alla nascita di Poirot avvennero in casa Miller alcuni importanti cambiamenti: l’incontro con il giovane tenente Archibald Christie, un fidanzamento ufficiale e il loro matrimonio avvenuto la vigilia di Natale del 1914, due giorni prima che Archibald partisse per il fronte come ufficiale in servizio alla R.A.F. Il distacco dal neo sposo fu molto angosciante per la giovane Agatha ma, ben lontana dal passare tutto il giorno in attesa di notizie dal fronte, la signora Christie trovò lavoro come addetta al dispensario dell’ospedale di Torquay, entrando in contatto con l’ambiente medico e imparando una serie di nozioni che avrebbe messo in pratica scrivendo alcuni dei suoi libri più celebri. Fu proprio nel 1914 che Poirot venne concepito anche se la nascita ufficiale avvenne solo quattro anni dopo, nel 1920. La sorella maggiore di Agatha, Madge, la sfidò a scrivere un romanzo poliziesco, per occupare i tempi morti tra il lavoro in ospedale e quello a casa. Per Madge la sorella minore non sarebbe stata in grado di scrivere una storia interessante senza cadere nella banalità o ripetere ciò che Doyle aveva già sdoganato con i racconti di Sherlock Holmes. L’idea stuzzicò la fantasia della giovane Christie che, tra una prima stesura e una ricerca di materiale interessante, mise a “bollire gli ingredienti” pensando subito ad un protagonista originale per la sua storia. Copiare Holmes era impossibile, inutile e fin troppo semplice; doveva trovare un personaggio nuovo, credibile o, come dice lei stessa nell’autobiografia: “Doveva essere un ispettore per avere una buona conoscenza del crimine. Doveva essere molto ordinato e meticoloso. Un omino preciso con la mania dell'ordine, della simmetria e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle rotonde. E poi molto intelligente, con il cervello pieno di piccole cellule grigie...” Ma che nome avrebbe potuto dare ad un personaggio così? Si dice che abbia letto per caso su un giornale il nome di Poirot (così buffo per un inglese) ma, se fosse stato straniero? Magari uno dei quei belgi che si erano rifugiati in Inghilterra per scappare alla tragedia della guerra? Così nacque Poirot il belga, o per meglio dire, Hercule Poirot il più geniale investigatore dell’Europa del novecento. Fatto il protagonista si presentò il problema della spalla: Holmes aveva il suo Watson...

Il lungo approfondimento di Santagati (qui soltanto abbozzato) può essere letto per intero sulla rivista Sherlock Magazine n. 3. Per abbonamenti: http://www.delosstore.it/abbonamenti/scheda.php?id=56