Da studentello più o meno sbarbato ero come una spugna. Assorbivo, pur facendo finta di sbattermene per non finire nella spregevole schiera dei secchioni, qualsiasi cosa dicessero i miei professori. Quelli in cui avevo fiducia, naturalmente. Alle superiori ce n’era uno che mi colpì con una specie di profezia rivelatasi, almeno nel mio caso, fondata. Egli asseriva, allora con corale scetticismo e risatine varie che, andando avanti lungo il cammino della vita, il gusto dei lettori, in genere, cambia. Mentre in tenera età siamo presi dalla lettura nuda e cruda del testo infischiandocene di qualsiasi apparato critico poi, seppur lentamente, avviene quasi il contrario e le note, le introduzioni ed i commenti risaltano in primo piano. Questo mi è capitato più volte. Specialmente con i libri di storia, e soprattutto quando dovetti affrontare la mia tesi di laurea sulla vita economica di Siena nella seconda metà del cinquecento, relatore il “mitico” professore Giorgio Spini (autore di un fortunato manuale di
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