Quando esce, nel 1794, il romanzo di ha il titolo originale di Things as They are; or the Adventures of Caleb Williams, ovverossia Le cose così come sono, sottotitolo, “Le Avventure di Caleb Williams”. A sottolineare che l’intendimento iniziale dell’autore non era tanto quello di porre l’accento sulle sensazionali peripezie del protagonista, quanto piuttosto quello, nemmeno tanto celato, di evidenziare chiaramente le lacune storico-sociali tipiche della sua epoca.

Doveva essere infatti, sostanzialmente, un’opera di denuncia, un affresco sociale dell’Inghilterra del MilleSettecento vista attraverso l’ottica di un fervente idealista giacobino.

Per William Godwin il regime monarchico era imperfetto, quello democratico ancora meno affidabile, e andavano entrambi soppressi in nome di una lungimirante visione, piuttosto utopistica in realtà, di una società moderna priva di leggi, di regolamenti e di convenzioni sociali.

Oltremodo fiducioso nelle infinite potenzialità dell’essere umano come creatura politica, capace di vivere in società anche in assenza di norme e convenzioni, Godwin professava l’abolizione totale di ogni tipo di vincolo e di ordinamento. Via le leggi, andavano abolite le prigioni, soppressa la proprietà privata, occorreva abrogare, perché superate, le istituzioni matrimoniali e il precetto religioso. L’uomo, in poche parole, andava lasciato totalmente

William Godwin
William Godwin
libero fidando unicamente sulla superiorità del suo lato raziocinante rispetto all’istinto.

Ma già nel 1831, alla seconda pubblicazione dell’opera, le cose cambiano. Il titolo del romanzo ciclopico in tre volumi diventa, più semplicemente, “Caleb Williams”, e contemporaneamente gli infuocati patemi idealistici di Godwin sfumano in una più composta ragionevolezza.

Si potrebbe dire, per assurdo, che quella che doveva essere un’opera di contestazione e di denuncia, si è lentamente trasformata nelle mani del suo autore in un testo altamente rivoluzionario, sì, ma solo dal punto di vista letterario.

Perché è innegabile che Caleb Williams apre un’ epoca, ed è forse il primo esempio, ciclopico, di applicazione del famoso principio della creazione inversa. Godwin infatti parte dalla fine per arrivare all’inizio. Scrive, nell’ordine, prima il terzo volume, poi il secondo e infine il primo. Questo bizzarro percorso a ritroso conferisce all’opera un ritmo incalzante, una verve aggressiva, una rapsodia serrata, capace di catturare il lettore dall’inizio alla fine, o meglio ancora, dalla fine all’inizio.

Eliminando via via tutto ciò che non era funzionale alla narrazione, sopprimendo tutti i dettagli che non risultavano prettamente indispensabili per la perfetta comprensione della storia, Godwin conferisce al romanzo una vibrante intensità e una magnifica coerenza strutturale. Ogni parte ha la sua ragione d’essere, e appartiene, interamente, a un complesso esercizio da laboratorio simile a quello cui potrebbe ricorrere un chimico per dimostrare e sviluppare una sua tesi o intuizione.

Ripreso poi da Poe questo metodo scientifico di ingegneria applicata alla trama raggiunge per la prima volta con Godwin un livello di perfezione tale che, a opera compiuta, non sarà più possibile togliere, cesellare o modificare nulla senza alterare, irrimediabilmente, la funzionalità della struttura.

Il sogno di tutti gli scrittori, tanto che potrebbe tranquillamente essere usato come libro di testo nei corsi di scrittura che oggi imperversano in ogni dove.

Leggendo Godwin con gli occhi di uno scrittore, abbandonando per una volta il placido ruolo del lettore inconsapevole, si possono cogliere infatti preziosissimi precetti per portare a compimento con maggior consapevolezza l’arte sublime dello scrivere e del creare.

Emergono infatti, chiarissimi, gli elementi basilari di quella che sarà l’ossatura canonica di tutta la letteratura poliziesca ancora da venire. Causa ed effetto vengono ripercorsi all’indietro in un cammino suggestivo che stimola l’inventiva e l’intuizione del lettore. Uno alla volta tutti gli indizi e le motivazioni trovano concretezza nel fluire progressivo della storia. Le azioni umane obbediscono a uno schema ben preciso, debolezze e passioni seguono un iter prestabilito, rispondono ad esigenze predeterminate, perché, come disse secoli dopo Agatha Christie, la natura umana è sempre uguale e tutto è prevedibile. 

Le vicende del protagonista, contrastate e dolorose, sono improntate a episodi alternati di delitti, indagini a ritroso, inseguimenti, dibattimenti processuali, confessioni e strabilianti rivelazioni.

Le memorie struggenti di Caleb Williams, incompreso e perseguitato, iniziano con un incipit vigoroso, fortemente evocativo, praticamente il manifesto stesso di tutta l’opera.

“Da molti anni la mia vita è teatro di sventure. Sono stato oppresso da una tirannia ossessionante alla quale non potevo sfuggire. Ho visto le mie speranze stroncate. Il nemico si è dimostrato sordo alle implorazioni e infaticabile nel perseguitarmi. Le sue vittime: la mia reputazione e la mia felicità."

La storia, secondo i canoni dell’epoca, è oscura e intricatissima. La narrazione è resa vibrante dall’esigenza manifesta del protagonista di scagionarsi da accuse ingiuste e infamanti. Si parte, come già detto dalla fine, ripercorrendo a ritroso il cammino della narrazione.

Caleb lavora come segretario di un dotto gentiluomo, Mr. Falkand, il cui carattere, aspro e riottoso, soggetto a frequenti sbalzi d’umore, altenante tra depressione e impulsi collerici, suggerisce oscuri segreti nel suo passato.

Il Maggiordomo di Falkand, Collins, con manifesta indiscrezione, si presta a fare da confidente all’incuriosito Caleb, svelandogli, poco alla volta, tutte le vicende giovanili del comune padrone e datore di lavoro.

Un lungo viaggio in Italia, dissapori e schermaglie per motivi d’onore, il rientro in Patria e lo scontro con un esponente rozzo e volgare della nuova borghesia ascendente, Mr. Tyrell, il corteggiamento sfortunato verso Emily, con questi imparentata, e la morte di quest’ultima a causa delle angherie e delle persecuzioni di quel perfido signorotto di campagna arricchito troppo in fretta.

Tutto questo culmina in un confronto a scena aperta, Tyrrel colpisce, atterrandolo, Falkand dinanzi agli sguardi attoniti dei notabili del paese e poco dopo, logicamente, viene scoperto il suo cadavere.