Come è successo per “Disgrazie e sesso della detective lady nel romanzo poliziesco” che ha superato i 700 contatti. Non avendo ricevuto alcun vaffa (Grillo docet) ci riprovo. Con una piccola avvertenza. Questo articolo vuole essere solo lo spunto per un lavoro di più ampio respiro (frase fatta per addolcire la scontata incazzatura di chi mi segue).

Naturalmente la tristezza e dolore sono intimamente legati al giallo in generale. Se c’è il morto c’è sempre odio e dolore per forza. La scoperta dell’acqua calda. Io però parlo di una tristezza insita nelle persone e nelle cose, nell’atmosfera generale e nel personaggio più rappresentativo del romanzo: investigatore, uomo o donna che sia. Parlo di quella specie di malinconia che avvolge tutta la vicenda e che mi sembra contraddistingua una parte della produzione moderna nostrana.

Mi riferisco a diversi romanzi ma in particolare a quelli di Valerio Varesi in cui campeggia il commissario Franco Soneri interpretato alla televisione da Luca Barbareschi (A volte non vi pare un po’ legnoso?). Un uomo schivo, malinconico, solitario che vive e lavora a Parma. Vedovo di quarantacinque anni trova un nuovo amore in Angela (brava Natasha Stefanenko) avvocato agguerrito. In questi romanzi “Il fiume delle nebbie”, “L’affittacamere”, "Le ombre di Montelupo”, A mani vuote” ecc…viene fuori un mondo che ha smarrito i valori di un tempo e che rincorre i nuovi miti del potere e del denaro. Una Parma ormai irriconoscibile devastata da un nuovo tipo di criminalità. Amarezza, pessimismo. E il logorio del Tempo che guasta i ricordi e le persone, cambia le coscienze, vanifica i sogni, spezza le illusioni. Il tutto immerso in quelle nebbie della Val Padana che costituiscono quasi il simbolo stesso della sofferenza e della tristezza.

Poi penso a “Il senso del dolore” di Maurizio de Giovanni, Fandango 2007, già presentato in questa rubrica. Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della squadra mobile della Regia Questura di Napoli ha trentun anni, nove dell’era fascista già presentato in questa rubrica. Piuttosto bello, benestante, di famiglia altolocata. Eppure praticamente senza amici, senza una donna, vive nella grande casa patronale di Fortino con la tata Rosa di settanta anni che ha per lui un amore filiale. Grande lavoratore, cupo, silenzioso, ha allacciato un buon rapporto soltanto con il brigadiere Raffaele Maione. Già i suoi occhi sono pieni di un dolore vecchio ma sempre vivo, una “personalità complessa e travagliata”.

Consapevole dei problemi della città ma anche consapevole “dell’impossibilità di cambiare lo stato delle cose”. Fatalista, rassegnato, eppure pronto ad andare in fondo al suo lavoro. Come Soneri. Dolore, tristezza ma anche caparbietà. Voglia di lottare fino in fondo.

Ultimamente il commissario Saverio Bonanno di Roberto Mistretta (“Il canto dell’upupa”, Cairo 2008) si aggiunge alla schiera dei personaggi “tristi” (che si rifanno, però, con la buona tavola). Lasciato dalla moglie (bella ma forestiera) vive con la madre, la figlia Vanessa e il cane Ringhio. In Sicilia. Triste e malinconico, dicevo, ma anche duro e sbrigativo al momento giusto. E poi c’è una certa Rosalia Santacroce che lo tira un po’ su…

Aggiungo “Uno sbirro femmina” di Silvana La Spina, Mondadori 2007, anche questo già presentato ai miei pazienti lettori. Con Maria Laura Gangemi commissario di polizia di Catania.

Donna forte, coraggiosa questa Maria Laura che incute anche un certo timore “Ma a guardarla negli occhi smarrì. C’era qualcosa in quella donna, in quello sguardo duro come pietra che lo fece tremare”, “Capì che non si sarebbe scansata, che l’avrebbe messo realmente sotto le ruote se non si fosse levato, e non solo in senso metaforico”.  Gli occhi rivelatori come quelli di Ricciardi. In un mondo di violenza occorre essere duri, forti, senza lacrime. Un dolore trattenuto fino in fondo. Ecco, la voglia di lottare anche di fronte ad un mondo in sfacelo contraddistingue Laura Gangemi.E potrei continuare…Il fatto è che il giallo in senso lato, essendo diventato praticamente un romanzo di problematiche sociali, fa della tristezza e del dolore (insieme alla denuncia più o meno aperta) due degli elementi principali del suo nuovo corso.

Accanto a questo filone sta iniziando a riprendere corpo (perché è sempre esistito) quello dell’umorismo e del sorriso. Anche qui cito quattro esempi già apparsi su questa rubrica: “I misteri di Madrid” di Antonio M. Molina, Passigli 2005; “Whiskey Sour” di J.A. Konrath, Alacran 2007, “Niente baci alla francese” di Paolo Roversi, Mursia 2007 e “Il nibbio dell’Uccellina” di Giorgio Diaz, Arpanet 2004. E potrei aggiungerne altri dove i principali “attori” sono gli animali come la pecora Maple di Leonie Swann e il cane Randolph di J.F. Englert. Accanto ai morti ammazzati si respira un’atmosfera gaia, di spirito giovanile, ironico e autoironico, una voglia di sorprendere e talora quasi di irridere e sbeffeggiare il giallo serio e pomposo.

E allora chi vincerà? La tristezza e il dolore, o il sorriso? 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it