Disertore di coscienza di Ellery Queen, Mondadori 2009.

Un trio di balordi Furia, Hinch e Goldie mette a segno un colpo rubando le paghe di una cartiera con la complicità del contabile Thomas Howland. Brutta fine di quest’ultimo dovuta all’impatto con i proiettili  della pistola di Furia. Bene, il gioco è fatto ma la polizia blocca tutte le strade di fuga. Come nascondere il malloppo? Facile. Nella casa dell’agente Wesley Malone dove la sorella di Goldie fa la baby sitter alla loro bambina.

Da questo semplice inizio si srotola poi tutta la vicenda che altro non è se non una superba avventura psicologica dei nostri attori. Ai quali va aggiunta Ellen, la moglie di Wesley e madre della piccola. Un continuo tormento, un assillo da parte del poliziotto per risolvere il problema, dato che i tre decidono di lasciare la sua casa e nascondersi in un luogo sicuro portandosi dietro come ostaggio la figlia. Un tormento che lo porterà a riflettere su se stesso e sulla sua vita passata (padre disumano) per prendersi il suo bel momento di riscatto.

Quattro figure scolpite con colpi magistrali attraverso una prosa brillante (il dialogo la fa da padrone) venata di un sottile umorismo: Furia, il capo del gruppo, furbetto e manesco ma che strilla davanti ad un topo; Hinch il grande e grosso senza cervello e Goldie che non vede l’ora di cambiare vita (puntuale la resa psicologica quando si trova in un bagno di mattonelle bianche e nere. “Per un istante le sembrò di essere una regina”). Infine Ellen centrata in pieno nella sua espressività di mamma in penosa angoscia con i continui cambiamenti di umore. Per non parlare del resto.

Trama semplice, quasi banale riscattata da un buon finale. Titolo da ergastolo e, volendo essere generosi, da lavori forzati.

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