Prendo spunto da una recensione scritta per il blog “Corpi freddi” (corpifreddi.blogspot.com/) per sviluppare due o tre idee su un fenomeno giallistico che in questi ultimi tempi sta riprendendo vigore: il morto che parla. Nella letteratura poliziesca i morti ammazzati non stanno sempre zitti come si conviene ad un morto, ammazzato o meno che sia. Ad essere sinceri nemmeno nel mondo reale e mi ricordo che da ragazzo avevo una paura tremenda che venissero a tirarmi i piedi, come voleva una ben nota tradizione popolare. Brrrrr!…meglio non pensarci.

Talvolta si manifestano attraverso i sogni, tal’altra aleggiano in forma di fantasmi per tutta la storia: osservano, scrutano, commentano, riferiscono i fatti in prima persona. Partecipano alle indagini e fanno il tifo per il detective di turno, affinché scopra il colpevole. Celebre “Il morto che non riposa” di Guy Cullingford (pseudonimo di Constance Lindsay Taylor) nel quale chi indaga sull'omicidio di turno è infatti il morto stesso! Trattasi dello scrittore Gilbert Worth ritenuto suicida e dunque caso archiviato. Archiviato per gli altri ma non certo per lui. Egli sa bene che non si è sparato alla testa ed inizia così un’indagine del tutto particolare che lo vede spiare attentamente i parenti in cerca della verità (mai fidarsi dei parenti…).

Ultimamente, dicevo, l’idea del morto che non vuole morire del tutto ha ripreso pigolo. Trovato in “Sangue di mezz’inverno” di Mons Kallentoft, Nord 2010. Trattasi di Bengt Andersson, un povero psicopatico soprannominato “Pallone” che in passato ha tentato di uccidere il padre donnaiolo e violento e che ora penzola da un ramo di un albero: nudo, ferito, bruciato e congelato (miezzeca!).

Lo ritrovo ancora, seppure con le fattezze femminili della giovane Wilma, in “Finché sarà passata la tua ira” di Asa Larsson, Marsilio 2010. E’ morta ammazzata ma non si dà pace e volteggia di qua e di là come uno spirito inquieto, raccontando la sua fine e quella del compagno Simon.

Chissà che un domani non possano essere addirittura ascoltati come testimoni. Nel racconto di Massimo Pietroselli “Lasciateli dormire” in “Sul filo del rasoio” di A.A.V.V. a cura di Gianfranco De Turris, Mondadori 2010, può succedere anche questo in una Roma del futuro.

A me il fatto che il morto parli non piace per niente. Scusatemi tanto ma il morto deve fare il morto. Zitto e mosca!

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it

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