Una volta c’erano Miss Marple, Miss Silver, Hildegarde Withers e via discorrendo. Una bella sfilza di vecchiette terribili (pure zitelle) che parlando, sferruzzando, spettegolando, sorridendo, ammiccando e insomma tutto in “ando” risolvevano i casi criminali più complicati, mettendo pure alla berlina gli espertoni delle varie polizie locali, fra cui quelli della famosa Scotland Yard. Ma il tempo corre via veloce, le cose cambiano e così si è giunti dalle vecchiette terribili di una volta alle giovani, altrettanto terribili, di oggi. Nel senso dell’acume poliziesco, voglio dire. Anche se non mancano ritorni al passato come la Cora Felton di Parnell Hall (indaga tra un cruciverba e l’altro) o Miss Lalli di Kalpana Swaminathan, tanto per portare due esempi di moderne signore attempate dietro le orme dell’assassino.

Incominciano ad andare di moda, dicevo, giovani detective, magari senza grilli per la testa, magari sole come la diciassettenne Blanche Paicham di Hervé Jubert, (non riesce a prendere il treno con i suoi genitori ed aiuta nelle indagini lo zio Gaston Loiseau, ispettore di polizia di Parigi). Insomma il tipo verginale dopo tante assatanate di sesso. Come Maisie Dobbs di Jacqueline Winspear (per esempio), e mi pare che anche qualche pezzo grosso, vedi Henning Mankell, si sia buttato su questa nuova linea strategica (la purezza e l’innocenza mischiate con il fango fanno sempre un certo effetto) dando spazio alla figlia Linda del suo beniamino Kurt Vallander. Non contento ha creato il nuovissimo personaggio di Birgitta Roslin (meno giovincella, ad essere sinceri),  giudice a Helsingborg, spedendola in Cina. Fresca fresca di giornata pure Flavia de Luce di Alan Bradley. Undici anni, madre morta quando ne aveva uno, vive nell’antica magione di Buckshaw in Inghilterra (anno 1950) con il padre e due sorelle più grandi e dispettose (ma anche lei non è da meno). Adora la chimica, soprattutto i veleni, porta un apparecchio di metallo che le ingabbia i denti, passa molto tempo nel laboratorio chimico che era stato dello zio Tar. Bugiardella il giusto (eufemismo) inizia a scorrazzare per le indagini su Gladys, la sua vecchia bicicletta, con un coraggio e una faccia tosta eccezionali. Giovani, dicevo, e studentesse come Sonia Leibowitz di Elena Vesnaver (tenetela d’occhio!) che scrive, beve Tocai e aiuta il commissario Leone (siamo a Cormòns) a risolvere qualche caso di morti ammazzati. Suo fidanzato Alex, un assassino che l’amore si trova nei posti più impensati. E come Clotilde Kuster Melis di Bruno Coppola (prima prova poco convincente), una ragazza di vent’anni che sta per laurearsi in filosofia. Figlia del signor Alberto “alto e magro come un grissino” e della signora Bianca “svanita e surreale, sempre con la testa fra le nuvole”. Fratello più piccolo di tre anni e fidanzata con Marco (troppo posato) anche lui sotto tesi di laurea. Carattere aperto, socievole, curiosa di tutto, grande camminatrice. E belloccia (corpo snello, gambe lunghe), il che non guasta.

Non mancano scrittrici, vedi Erika Falk di Camilla Läckberg che si occupa di biografie. Genitori all’altro mondo, sorella in crisi matrimoniale. Sensibile e desiderosa di una vita tranquilla e serena da poter pianificare “convivenza, fidanzamento, matrimonio, figli e poi una lunga serie di giorni che si susseguono finché una mattina ci si guarda e si scopre di essere invecchiati insieme”. Consapevole del male che si nasconde sotto “una superficie che doveva essere costantemente tirata a lucido”. Un bel personaggio.

Siamo nella Svezia e la sua cara amica Alexandra viene ritrovata morta nella vasca da bagno con il braccio destro che penzola “floscio e striato di rosso”. Sul pavimento una lametta da barba. Suicidio o omicidio?

Il giallo si sarà pure ringiovanito ma resta sempre la nostalgia per le vecchiette di una volta.

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