IV. Conclusioni

Abbiamo messo sul fuoco molta carne, è vero, e molti degli argomenti qui solo accennati meriterebbero volumi interi, non ritagli di poche righe in paragrafi di una manciata di pagine. Ma perlomeno crediamo di aver dato l’idea di come tanti aspetti nella letteratura di genere (nello specifico del nostro articolo il giallo e i suoi derivati più o meno lontani) siano mutati nel corso degli anni.Su un aspetto però è doverosa qualche precisazione. Siamo partiti appoggiandoci interamente sulla produzione di un solo autore, quell’Ed McBain che con il suo gruppo di detective ha rivoluzionato il genere. Ma abbiamo accennato anche ad altri autori che dobbiamo però collocare con maggiore precisione all’interno di questo mosaico.

All’inizio del discorso ci siamo permessi di citare il notissimo commissario Maigret e il suo inventore, Georges Simenon. È importante sottolineare che Simenon (così come Chandler e tanti altri) è stato uno dei primi scrittori a costruire le proprie storie in un contesto reale, dai toni se vogliamo noir. I meccanismi delle vicende di Maigret cominciano a essere meno “costruiti” rispetto ai modelli del giallo classico di matrice anglosassone. Quel percorso che verrà sviluppato a partire da metà degli anni ‘50 qui è all’inizio e verrà in seguito ripreso e ampliato da altri autori non meno noti (impossibile non citare Friedrich Dürrenmatt che amplifica nel genere il concetto di fallibilità umana e se vogliamo fare un salto in avanti, magari passando per l’Italia, doverosa è una menzione per Giorgio Scerbanenco).

Cambia il punto di vista. Non è più importante il “chi è stato”, ma il “perché” e il “cosa” abbia portato qualcuno a compiere un delitto. Il risultato alla fine deve essere lo stesso, la scoperta del colpevole, ma il percorso, perlomeno quello interiore, è assai diverso.

E così fino ai giorni nostri. Potremmo citare decine di autori, di giallisti, che hanno fatto del genere giallo qualcosa in più che non la semplice investigazione. Ian Rankin, Massimo Carlotto, Manuel Vazquez Montalban, lo stesso Andrea Camilleri. Ci raccontano una storia, un momento particolare della vita e all’interno di questo collocano un mistero, con tutto quello che ne consegue.

Dagli anni ‘20 le due vie del giallo, quella di matrice anglosassone e quella prettamente di gusto europeo, hanno preso due strade diverse, distanziandosi un poco alla volta. Dobbiamo ammettere purtroppo che molto spesso ci si è lasciati andare alla deriva e l’evoluzione europea (passatemi la terminologia, per cortesia) non sempre è rimasta fedele ai concetti di base del genere. Può accadere così che di giallo non rimanga proprio niente dietro molte copertine accattivanti e ingannatrici.

Questo sistema negli anni è diventato assai complesso e al giorno d’oggi i due metodi (ammesso che ne esistano due, ma qui in qualche modo dobbiamo semplificare) non sono distinguibili attraverso l’origine dell’autore. Ma dilungarsi in questa sede è inutile e inopportuno.

In ultima analisi, preferiamo invece soffermarci su come questi cambiamenti si siano manifestati negli ultimi decenni soprattutto nella produzione televisiva.

Non parleremo di film visto che molto spesso questi non fanno riferimento a storie seriali (espediente invece utilizzato da moltissimi giallisti), ma dei famosi telefilm che accompagnano molti pomeriggi (e adesso anche prima e seconda serata… un epidemia, sebbene a volte piacevole!).

Abbiamo già accennato qualche pagina addietro alla simpatica (sebbene ogni volta che vada a trovare qualcuno ci scappi il morto) signora Fletcher. Ricordavamo lo stravagante e distrattissimo tenente Colombo. Ma possiamo dimenticare Kojak? Questi telefilm hanno fatto furore per circa un trentennio, a partire dagli anni ‘60 (ma qui non voglio citare serie più vecchie che vedono come protagonisti tanti di quei personaggi che abbiamo menzionato precedentemente).

È nell’ultimo ventennio del secolo passato che comincia a prendere piede anche nelle produzioni televisive la coralità sulla quale abbiamo incentrato questo articolo. Ma non tutti gli aspetti introdotti da questo concetto sono apparsi da subito. Per esempio nella serie Hunter (iniziata nel 1984) troviamo una coppia piuttosto affiatata, Rick Hunter appunto e la sua collega Dee Dee McCall… un accenno di investigazione corale, anche se manca ancora quel calarsi interamente nel contesto reale e quella crescita dei personaggi da una puntata all’altra. E non possiamo certo dimenticare di citare Hill street blues (in Italia Hill street giorno e notte), la serie che negli anni ’80 per prima ha imitato il modello dell’87° distretto (prodotta dal 1981 al 1987).