C’è stato un periodo, è noto, in cui il dottor John H. Watson è stato un medico militare prima che amico e biografo di Sherlock Holmes: è il momento di saperne di più sul suo passato.

Il Giallo Mondadori Sherlock” n. 9, a maggio in edicola, presenta l’imperdibile Sherlock Holmes. L’avventura afghana del dottor Watson (Watson’s Afghan Adventure. How Sherlock Holmes’ Dr. Watson Became an Army Doctor, 2010) di Kieran McMullen.

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Dalla quarta di copertina:

A Londra è primavera, e il dottor Watson sta rientrando di ottimo umore dopo il giro di visite e il pranzo al club. Lo aspetta una piacevole serata in casa con l’amico Sherlock Holmes, reduce dalla soluzione di un paio di casi davvero interessanti. La vita è bella, pensa un istante prima di notare un calesse che si allontana. Forse un nuovo cliente del grande investigatore? Solo diciassette scalini lo separano dalla risposta. Nell’apprendere che si trattava del suo vecchio attendente militare, tutto il buon umore scompare, e il contenuto di una scatola lasciata per lui dal visitatore è fonte di ulteriore turbamento. Al geniale coinquilino basta un’occhiata a quegli oggetti per dedurre che Watson ha mentito sul proprio passato. E, come sempre, non manca il bersaglio. Ora tocca al suo biografo, per una volta, mettere se stesso al centro della scena e raccontare. Rivivendo così la turbolenta esperienza di un medico dell’esercito in Afghanistan, le battaglie di una guerra remota, la caccia a un antico tesoro... Tutti quegli episodi concatenati che, tempo dopo, l’hanno portato per un destino ineluttabile a condividere un certo appartamento londinese con uno sconosciuto dai modi un po’ scostanti. L’indirizzo? Elementare. Il 221B di Baker Street!

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Ecco l’incipit:

Era stata una mattinata lunga ma proficua. Gli ultimi giorni di aprile a Londra erano limpidi e piacevoli e, almeno nei parchi, il profumo della primavera era delizioso.

Holmes aveva portato a termine due casi piuttosto interessanti nelle ultime settimane. Uno l’avevo intitolato “Il caso del calesse”, e l’altro “L’avventura del portaliquori sigillato”. Una volta ottenuta l’approvazione di Holmes, li avrei messi da parte per un anno o due prima di proporli al signor Doyle per la pubblicazione.

E così eccomi qui, a camminare tranquillamente verso casa: bel tempo, giorno di visite, pranzo al club, poi direzione Baker Street e serata rilassante. La vita era bella.

Mentre mi avvicinavo al 221B, notai un calesse che si staccava dal marciapiede e mi chiesi se ci fosse stato un visitatore in mia assenza. Affrettando il passo, infilai la porta e salii rapidamente i diciassette scalini che portavano al nostro salotto. Come entrai, vidi Holmes presso la finestra, pipa in mano e aria contemplativa.

— Holmes — dissi, liberandomi della borsa e del cappello — abbiamo avuto un visitatore?

— Ah, Watson — disse lui, girandosi verso di me e andando alla sua poltrona preferita. — Sì, abbiamo, o meglio, ha avuto un visitatore.

— Io? E chi mai poteva essere?

— Era Murray, il suo vecchio attendente — disse Holmes, mettendosi a sedere e appoggiando i piedi sul parafuoco del caminetto spento.

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Il romanzo è arricchito da due saggi: Quando un romanzo diventa omaggio al biografo di Sherlock Holmes di Luigi Pachì, direttore di SherlockMagazine, e John H. Watson: lo strano caso del buon dottore di Paolo Gulisano, medico e scrittore.

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Sherlock Holmes. L’avventura afghana del dottor Watson di Kieran McMullen (Il Giallo Mondadori Sherlock n. 9), 182 pagine, euro 4,90 - Traduzione di Galilea Maioli