A volte si ha l’impressione, leggendo alcuni apocrifi, che all’autore di tutto importi, tranne di Sherlock Holmes, quasi che la presenza dell’investigatore di Baker Street sia il necessario prezzo da pagare per raccontare qualcos’altro.

È questo il caso Jamyang Norbu, autore indiano di origini tibetane, evidentemente più interessato a raccontare l'India e il Tibet che un'avventura di Sherlock Holmes. Potrebbe anche trattarsi di un peccato veniale, dato che, dopo tutto, l'aggancio è perfettamente canonico: come gli sherlockiani sanno, il detective, mentre si fingeva morto, è stato proprio in Tibet, con l'identità di un esploratore. Per quel che mi riguarda, quindi, posso immaginare un Holmes in una sorta di vacanza e andare a spasso con lui per le vette asiatiche.

Pur avendo iniziato la lettura con questo spirito, mi sono ritrovata subito con qualche problema tra le pagine. Va bene l'attenzione all'aspetto antropologico e naturalistico, va bene abbondare con i salgarismi, come del resto tradizione ottocentesca vuole, ma aggiungere il nome scientifico a ogni animale o vegetale incontrato, con tanto di piccola trattazione ogni tre righe, alla lunga stanca… Le cose si complicano, però, quando l'avventura raggiunge il suo apice nel magico Tibet.

In un apocrifo sherlockiano, se ben scritto, sono pronta a tollerare quasi tutto. Del resto, secondo me, parte del piacere che mi procura la lettura degli apocrifi sta proprio nell’esplorare luoghi e tematiche in cui Doyle non avrebbe potuto o voluto avventurarsi. Il fascino di Holmes sta inoltre nel fatto che le sue azioni e i suoi pensieri si prestino a interpretazioni differenti. Quinfi mi sta bene approfondire la spiritualità Holmes, di cui tutto sommato ogni tanto si possono trovare degli accenni nel Canone, mi sta bene anche inserire il paranormale, ma quando mi si vuol vendere Moriarty come un monaco-mago tibetano spedito in Europa dopo aver perso la memoria, si chiede davvero troppo alla mia sospensione dell’incredulità. Perché posso credere quasi tutto di Holmes, ma che, con tutte le sua capacità di osservazione scambi per inglese un tibetano proprio no!

Il Mandata di Sherlock Holmes rimane un romanzo insolito, ben scritto, molto curato per quanto riguarda l'ambientazione, ma con una trama che può mettere in difficoltà l'appassionato sherlockiano. Forse sarebbe stato meglio non scomodare proprio Holmes per salvare la vita al Dalai Lama?