In Crimson Peak, definito dallo stesso del Toro come “una storia di fantasmi e un romanzo gotico”, le convenzioni tipiche di questo genere vengono riproposte allo spettatore e al tempo stesso sconvolte e sovvertite in maniera sorprendente. Il film, infatti, da un lato pare veramente seguire i grandi modelli del gotico e dall’altro propone una serie di scene estremamente inquietanti, caratterizzate dalla presenza di elementi tipici dei moderni racconti horror.

La genesi di Crimson Peak è stata particolarmente travagliata: del Toro e Matthew Robbins iniziarono a scriverne la sceneggiatura nel 2006, subito dopo l’uscita di un’altra celebre creazione del regista messicano, Il Labirinto del Fauno. Il progetto che i due registi avevano appena cominciato era però destinato a venire temporaneamente abbandonato, essendo del Toro impegnato con la produzione di Hellboy: The Golden Army e poi dei film appartenenti alla serie The Hobbit. Successivamente, durante i lavori per la produzione di Pacific Rim, del Toro iniziò a maturare i primi rapporti con la casa di produzione Legendary Pictures, a cui propose le sceneggiature di due potenziali nuovi film: uno di essi sarebbe in seguito diventato Crimson Peak.

Fra i vari elementi che di sicuro non possono sfuggire all’attenzione dello spettatore vi è senza dubbio la maniacale attenzione per i dettagli che accompagna le macabre vicende dei protagonisti per tutta la durata del film. A questo proposito un utile approfondimento è rappresentato dal nuovo artbook Crimson Peak: the Art of Darkness, scritto da Mark Salisbury e suddiviso in sei capitoli, attraverso i quali vengono fornite al lettore dettagliate spiegazioni su tutta una serie di elementi che si sono rivelati fondamentali per la buona riuscita del film e che rischiano, nonostante ciò, di passare inosservati. I primi quattro capitoli del libro sono dedicati ai protagonisti della storia e all’approfondimento delle loro principali caratteristiche, oltre che alle interviste ai membri del cast. Particolarmente interessante è senza dubbio la parte dedicata alla riflessione sui costumi usati dagli attori nel corso delle riprese.

Palazzo Sharpe
Palazzo Sharpe

È a dir poco sorprendente quanta attenzione sia stata posta sugli abiti indossati delle due protagoniste, caratterizzati sempre da un intenso simbolismo, tanto che ciascuno dei loro vestiti è stato disegnato in modo tale da riprodurre in maniera più o meno percettibile la forma di una farfalla. Inoltre, con il procedere della storia, si può osservare come anche gli abiti subiscano un’evoluzione analoga a quella che, sul piano psicologico, caratterizza le due donne. Se i primi capitoli sono dedicati ai personaggi, il quinto non poteva che trattare del set nel quale si svolgono tutte le loro vicende: l’inquietante (e fatiscente) palazzo della famiglia Sharpe.

Oltre a fornirci la storia dell’edificio, il libro mette in evidenza la cura quasi maniacale con cui è stata allestita la scenografia di Crimson Peak. Per citare solo un esempio, la parola “paura” è presente dappertutto all’interno del film: è scritta sulle pareti, sulle sedie e gli altri elementi dell’arredamento e addirittura sui bottoni degli abiti delle due protagoniste! Infine l’ultimo capitolo del libro è dedicato ai numerosi fantasmi che appaiono all’interno del film. Come il lettore avrà già capito, niente all’interno di Crimson Peak appare per caso: tutto è stato ben calcolato, compreso il ruolo che ogni fantasma deve svolgere nell’economia complessiva della storia. Davvero interessante è la “distribuzione” dei colori fra i vari spiriti, elemento che svolge un ruolo fondamentale per la caratterizzazione di ciascun fantasma. A questo punto è forse inutile aggiungere che coloro che ancora non conoscono Crimson Peak non sanno quali sorprese li attendano…