Andiamo a scoprire una nuova opera della letteratura gialla con la collana Vintage della casa editrice Le Assassine. La nostra attenzione questa volta va a Il mistero della vetreria di Margaret Armstrong, considerata da Haycraft, uno dei maggiori studiosi del genere giallo, tra le migliori scrittrici che ricorsero nei loro romanzi alla tecnica dell’HIBK, di cui un’altra autrice americana, Mary Roberts Rinehat, fu l'iniziatrice.

 

Ci racconti qualcosa dell’autrice?

Margaret Armstrong è un’autrice poco conosciuta, ma – come hai detto tu – molto apprezzata da Howard Haycraft nel suo libro Murder for Pleasure. La nostra autrice fu una donna dai molti talenti: per gran parte della sua vita si dedicò con successo all’illustrazione di copertine, ne disegnò oltre 270 in stile Art Nouveau, manifestando un forte interesse per la botanica e in particolare per i fiori selvatici. Nata a New York nel 1867 da una famiglia molto in vista  ̶  il padre, oltre a essere un diplomatico, era maestro nella creazione di vetrate artistiche  ̶ Margaret Armstrong si dedicò alla scrittura piuttosto tardi, realizzando tre romanzi gialli che trovarono un’eco molto positiva nella critica. Haycraft la considerò una delle migliori scrittrici per come ricorse alla tecnica narrativa creata da Mary Roberts Rinehart e che possiamo sintetizzare nell’acronimo HIBK.

Ci confermi che tra i suoi lettori ebbe anche Agatha Christie?

Sì, o meglio, si sostiene che “Murder in Stained Glass”, scritto nel 1939, e da noi ora tradotto con “Il mistero della vetreria” sia piaciuto ad Agatha Christie. Vi sono anche delle somiglianze tra Miss Trumbull e Miss Marple: entrambe sono nubili, di una certa età, curiose, sagaci e con la capacità di trarre informazioni utili al caso dalle chiacchiere degli altri.

Tiziana, chi è la signorina Trumbull?

Una newyorkese agiata, determinata, single e che a tratti ci meraviglia per la sua libertà di pensiero e di azione: in nuce ha tutte le caratteristiche della donna emancipata che sa bastare a se stessa, pur non rinunciando a un certo lato romantico soprattutto nei confronti di due giovani personaggi della storia che faticano a coronare il loro sogno d’amore: in quel caso si presenterà non più come una novella Sherlock Holmes ma come la Fata Turchina. Domina comunque sull’intera storia: inizialmente lei indaga per curiosità, ma poi viene spinta dalla volontà di anticipare le mosse della polizia per soddisfare un suo personale bisogno, quello di arrivare a un finale del caso che sia positivo per le persone che le sono care, più che per un senso di giustizia.

Si discosta dall’immagine dell’investigatore che noi tutti conosciamo?

Sì, l’autrice è tra quelle che hanno dato vita a un certo tipo di romanzo poliziesco al “femminile”, infatti chi investiga è di solito una signora di mezza età, benestante, e dunque non spinta dal bisogno di lavorare, ma dal gioco delle passioni e degli interessi o anche da pura curiosità. 

Senza spoilerare, ci racconti la storia?

La signorina Trumbull, una newyorkese di mezza età dai modi impeccabili e dall’eloquio facile, decide di lasciare la sua comoda dimora per andare a trovare in campagna Charlotte, una vecchia compagna di scuola, al cui invito non può più sottrarsi, anche se la giudica troppo cupa e triste rispetto al suo modo energico e ottimista di affrontare la vita. Fortunatamente la presenza di Phyllis, una giovane cugina di Charlotte, e la storia d’amore che questa ha con Leo, figlio di Frederick Ullathorne, noto artista del vetro, contribuiscono a rendere meno noioso il soggiorno della donna, abituata alla vivace atmosfera di New York. Tuttavia la tranquilla vita di campagna conosce un brusco cambiamento quando nel laboratorio dove si producono le vetrate artistiche vengono trovati nel forno dei resti che sembrano appartenere a un essere umano. Grazie ad alcuni reperti salvati dal fuoco si arriva alla conclusione che i resti sono proprio di Frederick Ullathorne, uomo dal pessimo carattere, dispotico con i dipendenti e con il suo stesso figlio. Per questo motivo molti potrebbero essere i responsabili dell’omicidio e la polizia sembra girare a vuoto. Quando però i sospetti si addensano sul figlio Leo, la signorina Trumbull, che di suo ha un debole per le indagini, decide di mettersi a investigare per proprio conto ed effettivamente riesce a “vedere ciò che altri non hanno visto”. Così facendo finisce però per mettere a repentaglio anche la propria vita.

Molto interessante venire a conoscenza del contesto in cui è vissuta e, benché la sua notorietà non si sia protratta nel tempo se si escludono gli addetti ai lavori come, appunto, è avvenuto per Agatha Christie, è giusto attribuirle i meriti. Tra questi quello di aver utilizzato la tecnica dell’HIBK (Had I But Know ovvero “se lo avessi saputo”) del quale ti chiedo, in chiusura di intervista, di spiegarci meglio.

Questa tecnica narrativa, per cui viene usato l’acronimo HIBK (Had I But Know ovvero se lo avessi saputo), fu creata da Mary Robert Rinehat, una tra le più importanti figure che hanno dato vita al romanzo poliziesco moderno. La narrazione è di solito in prima persona ed è di una donna che rimpiange di non aver agito in un certo modo per prevenire un crimine o altri terribili misfatti, se solo avesse avuto l’acutezza di prevederli. In un certo senso rivive retrospettivamente la vicenda oggetto della narrazione con le cognizioni di cui allora non era in possesso e che avrebbero potuto evitare l’evolversi del dramma.

Mentre per alcune detective amatoriali che ricorrono a questo espediente narrativo, l’accusa è quella di mancare di razionalità e dunque di presentare un’investigatrice che resta incapace di risolvere il caso e che deve alla fine rivolgersi a un uomo per risolverlo, la nostra signorina Trumbull sa investigare con vigore e intelligenza e giunge alla soluzione più logica, se solo l’autrice non intervenisse con un paio di mosse che portano a un esito inatteso della vicenda.