Dagli studi effettuati sull'opera di Arthur Conan Doyle è emerso che la famosa frase, attribuita a Sherklock Holmes, “Elementare, Watson” sia da considerare un falso filologico, se non storico. In effetti, risulta che la frase sia stata introdotta in teatro dall'attore William Gillette  e poi ripresa per il cinema da Clive Brook, variamente formulata come “Elementary, my dear fellow” (Elementare, mio caro amico) , “Elementary, my dear Watson”, e infine “Elementary, Watson”.

La circostanza, ormai nota, richiede qualche precisazione. Dopo aver “ucciso” il suo personaggio nel racconto “Il problema finale” (“The Final Problem”, The Strand Magazine, 1893) Doyle scrisse una sceneggiatura teatrale, e il produttore Charles Frohman pensò di offrire il ruolo di Sherloch Holmes a Gillette, che era anche autore e avrebbe potuto rimaneggiare la sceneggiatura. Doyle chiese solo di non affibbiare al detective nessuna storia sentimentale. Tuttavia, quando lo stesso Gillette gli chiese se poteva far sposare Holmes, Doyle rispose che poteva farlo sposare, ucciderlo o fargli qualsiasi altra cosa.

Gillette lavorò allo script nel 1895, mentre si trovava a S. Francisco per la rappresentazione del suo “Secret Service”. Il 23 novembre scoppiò un incendio che si propagò al Baldwin Hotel, dove la compagnia teatrale dimorava. Gillette si trovava in un altro albergo (il Palace Hotel) ma il suo segretario, William Postance, dovette scappare dal Baldwin abbandonando il manoscritto, che andò in fumo. Gillette dovette riscriverlo per intero, basandosi su una brutta copia.

L'opera di Doyle e Gillette debuttò il 23 ottobre 1899 allo Star Theatre di Buffalo, mentre il debutto in terra inglese avvenne allo Shakespeare Theatre di Liverpool il 2 settembre del 1901. Quando Gillette arrivò in Inghilterra, venne organizzato un incontro con Doyle. L'attore scese dal treno nei panni di Holmes, si avvicinò a Doyle, lo esaminò con una lente, e poi disse “Senza dubbio, un autore!”. Doyle ovviamente scoppiò in una risata omerica.

Ciò conferma che Doyle avrebbe approvato qualsiasi modifica fosse stata apportata al personaggio di Sherlock Holmes da parte di Gillette, ma la verità è che la frase coniata dall'attore non è stata inventata di sana pianta, ma è invece una variante comunque ispirata al testo di Doyle, benché Gillette ci abbia messo del suo. Per convincersi di questo, basta pensare al fatto che il vocativo contenuto nella famosa frase (“my dear fellow”, “my dear Watson” o, semplicemente, “Watson”) è il modo abituale in cui Holmes si rivolge al suo compagno di avventure.

Rimane la prima parola, “Elementary”, che nel canone non ricorre perché Holmes dice “Simple”. Non c'è dubbio però che i due termini si equivalgano, dato che entrambi significano “Semplice”, e infatti Holmes usa almeno una volta “Elementary”, nel racconto “Lo storpio” (“The Crooked Man”, The Strand Magazine, 1893).

C'è da chiedersi perché Gillette abbia preferito l'aggettivo elementary all'aggettivo simple. Dato che il significato è lo stesso, la scelta non può essere stata dettata che dal suono della parola. Il testo elaborato da Gillette era infatti uno script destinato a essere recitato, non letto. Perciò, ci dobbiamo chiedere che differenza esista nella pronuncia di “Simple, Watson”, rispetto a “Elementary, Watson”.

Per quanto mi riguarda, la diversità consiste nel fatto che la prima frase, che è più breve e secca, sottolinea il tono didattico usato da Holmes. Nella seconda frase, invece, la voce scivola più lentamente sulla prima parola e indugia sulla virgola, il che rende la frase meno brusca e più simile a una semplice spiegazione. Ciò del resto corrisponde a ciò che dice spesso Watson, a proposito dell'atteggiamento un po' saccente di Holmes, il che può spiegare la scelta di Doyle e, a sua volta, quella di Gillette, che forse voleva renderlo più simpatico. Inoltre, rispetto a “Elementary, Watson”, la variante “Elementary, my dear fellow” è una frase ancora più morbida, laddove la frase “Simple, my dear fellow”, benché sia meno brusca di “Simple, Watson”, evoca comunque una vaga condiscendenza.

Può essere interessante chiedersi cosa ci riveli la frase (nelle sue diverse varianti) sul carattere di Holmes. Essendo ben conscio della propria intelligenza, egli non può davvero pensare che i suoi ragionamenti siano facili. Perciò la sua è una sorta di civetteria, o forse un modo per schermirsi, dato che i complimenti gli fanno piacere. Peraltro a volte commenta, con una punta di ironia, che forse dovrebbe evitare di dire come arriva alle sue conclusioni, perché le sue deduzioni (in realtà abduzioni) una volta spiegate sembrano, appunto, semplici.

In conclusione, la frase “Elementary, Watson”, benché non sia del tutto “canonica”, non si discosta troppo dal personaggio creato da Doyle, e in qualche modo lo caratterizza al meglio, come dimostra il fatto che sia rimasta impressa nell'immaginario collettivo.