Gialli con una marcia in più, quelli di Danila Comastri Montanari, che uniscono al piacere consueto della caccia al colpevole, anche la possibilità, piuttosto rara nella narrativa poliziesca, di immergersi con voluttà in un’epoca antica e quasi dimenticata, riproducendo le atmosfere dell’antica Roma con pennellate vigorose di rara maestria, in una confezione letteraria di indubbia qualità. Laureata in Pedagogia e Scienze politiche, la Comastri Montanari, insegnante in un Istituto Tecnico di Bologna, ha saputo come pochi coniugare efficacemente il gusto del giallo con l’amore per la cultura, grazie al suo investigatore Aurelio Stazio, antico romano d’hoc. I suoi romanzi dell’Antica Roma finora sono stati tutti pubblicati con la collana dei Gialli Mondadori, difficile immaginare un battesimo migliore, tranne l’ultimo apparso nella nuova serie lanciata da Hobby & Work.  "Cui prodest?", ossia "A chi giova?". È la domanda classica che ogni buon investigatore dovrebbe porsi quando si pone sulle tracce di un assassino. E Aurelio Stazio, dobbiamo dirlo, è particolarmente agguerrito nel suo incarico, soprattutto quando la vittima appartiene al mercato degli schiavi, e ci si trova ad indagare in una Roma Antica dove la netta divisione in classi sociali ostacola le indagini, in concomitanza con la più assoluta mancanza di una qualunque forza di polizia. Ma il Senatore Aurelio Stazio non si ferma davanti a niente, soprattutto quando, come spesso capita, è coinvolto personalmente nella vicenda, che lo tocca da vicino e lo spinge a investigare senza sosta, spesso affiancato nelle sue avventure dalla fidata spalla del segretario Castore, o da una compiacente matrona depositaria di tutti i segreti e i pettegolezzi delle nobili famiglie che componevano la cosiddetta Roma Bene di 3.000 anni fa. In questa Roma Imperiale Aurelio Stazi muove i suoi passi investigativi, senza timore di addentrarsi nei vicoli oscuri della Suburra, mentre alle sue spalle ammiccano ironicamente personaggi storicamente noti come Fedro il cantastorie. Romanzi che pescano nel torbido dell’animo umano uscendone intonsi, senza inutili morbosità o sgradevoli eccessi, ambientati in una Roma Antica abilmente ricreata dalla sapiente penna della ex professoressa bolognese, perfettamente a suo agio nelle descrizioni storiche di epoche passate, rese con grande pregio e sapienza narrativa. Tanto che abbandonata per una volta la Roma Imperiale, con le sue ultime opere l’autrice ha deciso di sconfinare, tanto per non legarsi definitivamente a un personaggio e a un’epoca, verso le ambientazioni non meno torbide dell’Emilia papalina con “La Campana dell’ArciPrete”, che si svolge nelle campagne emiliane negli anni immediatamente successivi al Congresso di Vienna e "Il panno di mastro Gervaso" collocato invece al tempo della liberazione di Bologna da parte di Napoleone. Qualunque sia l’ambientazione comunque, la principale virtù di questa valida scrittrice consiste nel saper tracciare con mano sicura il passaggio di società ancestrali, antichissime, appartenenti al nostro passato e alla nostra cultura. Al di là del classico intreccio criminale, con delitti, assassini, indagini e colpevoli da identificare, quello che cattura è la validissima rappresentazione pittorica di un mondo al guado, in perpetua mutazione, dove le connotazioni sociali si fondono con il folclore, dove le miserie e le grettezze morali convivono con la grandezza d'animo e la generosità. Un affresco attuale delle epoche antiche, rivisitate e riproposte per noi in chiave gialla, per concedere al lettore un raro ed autentico piacere, quello di assaporare divertimento e cultura in un’unica opera, avvicente quanto un romanzo poliziesco, ed educativa quanto un romanzo storico.