Esce, a 31 anni dalla morte, una nuova biografia di Agatha Christie, “Agatha Christie. An English Mistery” (L. Thompson) che l’autrice ha scritto grazie al libero accesso a tutte le lettere inedite, alle carte e ai taccuini conservati nella Casa di Greenway, nel Devon, che la Christie acquistò nel 1938.

La cosa interessante, come segnala il Times online, è che l’autrice ha cercato di ritrovare, nella vita della Christie, alcuni dei fatti che hanno ispirato i suoi gialli. Viene riportato ad esempio il suo grande amore per la casa della sua infanzia ad Ashfield (“fu un’infanzia idilliaca, Agatha era una bimba che cantava meravigliosamente e aveva capelli bellissimi, così lunghi che poteva sedercisi sopra”), che si ritrova nella preferenza dei suoi personaggi per una varietà infinita di case dotate di tutti i confort, la sua dolorosa esperienza dell’amore sarebbe rimessa continuamente in scena dalle sue eroine, e la sua difficile relazione con la figlia Rosalind troverebbe riscontro nei personaggi di bambini presenti nei suoi libri “poco attraente, a volte anche assassini”. Ma chi immaginerebbe mai che dopo il divorzio dal primo marito “la sua vita, in superficie, era grigia e tetra…come un cortile da prigione, la sua testa una vittima di una quotidiana successione di tormenti”. A guardare i suoi sorrisi nelle foto non sembra proprio.

Agatha però aveva il suo caratterino, come quella volta che, scoprendo il nome dell’amante del marito andò via di casa, senza dire niente a nessuno, e soggiornò una settimana nell’albergo della famiglia della signorina (la segretaria del consorte, of course) bevendo e ballando tutte le sere con la banda locale (dopo una settimana dalla scomparsa, la polizia stava per accusare il marito di lei di occultamento di cadavere).