Ho spedito il seguente pezzo, compreso il post scriptum, il 10 dicembre alla Redazione di “Sugarpulp”, un blog che seguo sempre molto volentieri (e che continuerò a seguire) con l’intento di ironizzare e creare un po’ di discussione, come è nel mio carattere. Avendo avuto risposta negativa dopo circa due mesi, ho deciso di pubblicarlo nella mia rubrica(non si butta via niente). Naturalmente chiunque può intervenire qui a “Sherlock Magazine” a dirmene quattro (ma anche cinque).

Ho letto con vivo interesse misto a viva apprensione l’articolo di Valentino Colapinto, “giornalista d’assalto” di “Sugarlpulp” alla Fiera “Più libri, più liberi”, dove si è tenuta l’annuale presentazione “RomaNoir 2010” sul tema “Scritture Nere. Narrativa di genere, New Epic o post noir?” (un titolo da far tremare le vene e i polsi). Con ansia crescente l’ho visto sgomitare all’ingresso della Fiera, tracannare una doppia sambuca a stomaco vuoto e, “sprezzante del pericolo” e “con le viscere in fiamme”, piazzarsi in prima fila in attesa di lanciare “una bella granata a frammentazione”. Contro tutti i commissari Cliché che ci sono in giro e contro il Bene di merda che vince sempre il Male e quello stramaledetto meccanismo consolatorio che appiattisce e smidollisce (mio conio) tutto. Li mortacci!

Qui è venuto spontaneo una specie di brivido, un tremolio addosso che ha scosso la vecchia pianta lottiana dalla punta dei piedi alla punta dei capelli rimasti. Mai visto un coraggio del genere, dovuto certo in parte alle doti euforiche della sambuca, ma senza dubbio in misura nettamente superiore a qualcosa di diabolico insito nella sua natura (mi sono detto). La cosa, però, non è finita lì, perché Colapinto, novello Enrico Toti, ha scagliato la sua stampella di vituperio a tutti i noiristi buonisti italiani (tra l’altro con impegno sospetto), capaci solo di tirar fuori “una patacca spacciata per oro a ventiquattro carati”. Qualcosa di caldo per lo sforzo patito (una sambuca calda?) e infine l’urlo sprezzante di odio verso il commissario Cliché e tutti i suoi derivati. La mi’ nonna!

A questo punto mi sono asciugato il sudore che imperlava la fronte spaziosa con il ciuffetto dei capelli brizzolati rimasti e ho ripensato ai millanta e più commissari trillanti o bonaccioni che avevo incontrato lungo il viale giallistico della mia vita. Tutti in riga, impettiti con le loro brave pipe, i loro occhialini, i loro bastoni da passeggio, le loro frenetiche celluline grigie, un po’ bolsi, un po’ grigi, ma tutti contenti col sorrisetto pacioso stampato sulle labbra, per avere scoperto l’assassino e riportato pace e serenità dove prima albergava il sospetto e la paura.

Poi ho ripensato ai millanta poliziotti marci, ladri, assassini, delinquenti che l’avevano fatta franca lungo lo stesso viale di prima e alla montagna di male che all’inizio ti lascia addosso una leppa da riempire le mutande e poi diventa, il male, appunto, in mano a certi bischeracci della parola, un cliché bello e buono pure lui: il Male Cliché.

E allora anche il sottoscritto, assistito da un paio di bicchieroni Chianti classico e da una boccata di Brunello di Montalcino, nonché da un impeto temerario, certo frutto esclusivo di madre natura, qui, tra le bande di barbabietole assassine che ti guardano in cagnesco, urla il suo disperato grido di rivolta…

Viva il commissario Cliché!

P.S. Un caldo saluto alle barbabietole scopaiole con l’invito a continuare il lavoro in cui credono cercando, se possibile, di dare spazio anche al riso e al sorriso che non fanno mai male. Un saluto particolare a Colapinto su cui ho amichevolmente ironizzato ma che, nella eventuale risposta, può, amichevolmente, rendermi pan per focaccia.

Post scriptum del post scriptum.

Non sono un amante sviscerato del commissario Cliché, ormai dappertutto come il prezzemolo. E’ che, siccome in questo momento lo prendono tutti in giro, mi è venuto spontaneo difenderlo. Il classico bastian contrario.

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Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it

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