New York. Si è appena conclusa la Seconda guerra mondiale. Archie Goodwin, il collaboratore del detective privato Nero Wolfe, è stato congedato dall’esercito e ha fatto ritorno nella casa di arenaria rossa sulla Trentacinquesima Strada Ovest, dove vive e lavora il suo principale. Che, a corto di soldi è costretto – su sollecitazione dello stesso Goodwin, in apprensione per le sorti del suo stipendio – a cercare una nuova indagine cui dedicarsi.

La scelta cade su un caso cui si sta interessando anche l’Fbi: Cheney Boone, il direttore dell’Ufficio Controllo Prezzi, è stato ucciso con quattro colpi di chiave inglese alla testa, in una stanza del Waldorf Hotel, poco prima di tenere un discorso all’Associazione Nazionale degli Industriali. I rapporti tra i due uffici non sono idilliaci, a causa della politica dell’Ufficio Controllo Prezzi.

Ed è proprio la sua controparte, l’Associazione degli Industriali, cui l’opinione pubblica attribuisce l’omicidio, ad assumere Wolfe perché trovi il vero responsabile del fatto. Un promettente punto di partenza per l’indagine: il giorno prima dell’omicidio, la vittima aveva registrato delle lettere con il dittafono, su dei cilindri che risultano scomparsi. 

Pubblicato nel 1946, il romanzo The silent speaker di Rex Stout è giunto in Italia nel 1950 con il titolo Morto che parla (“Giallo Mondadori” n. 82). E viene oggi riproposto dalla Beat edizioni nella collana “Le inchieste di Nero Wolfe”, con la traduzione di Ida Omboni e l’introduzione di Marco Malvaldi.

Pensiero e azione

Una piacevole occasione, il recupero editoriale di Morto che parla, per riavvicinarsi ancora una volta al detective creato da Rex Stout, che ha esordito nel romanzo Fer-de-lance (1934), approdato da noi come La traccia del serpente (“I Libri gialli” n. 149 del 1936).

Di origine montenegrina, corpulento, pigro, raffinato buongustaio ed esperto coltivatore di orchidee, Nero Wolfe si dedica alle investigazioni private lo stretto necessario per guadagnare le laute parcelle che gli consentono di condurre l’alto tenore di vita cui è affezionato.

Felice e ironica rilettura dell’archetipo dell’investigatore di derivazione classica, orientato al ragionamento inferenziale e alla sedentarietà, Wolfe viene opportunamente compensato dal disinvolto e scanzonato dinamismo del collaboratore Archie Goodwin, efficace incarnazione del private-eye della tradizione hard-boiled.

Stout lo descrive come scorbutico, misogino, metodico, non privo a tratti di un sornione senso dell’umorismo. Di rado lascia la propria abitazione e la sua giornata è rigidamente scandita da tempi, attività e abitudini dai quali non ama derogare. In particolare, tra le 9 e le 11 e tra le 16 e le 18, si dedica immancabilmente alla cura delle sue orchidee, nella serra privata posta all'ultimo piano della casa.

Tino Buazzelli (Nero Wolfe) e Paolo Ferrari (Archie Goodwin) nell'apprezzata serie televisiva italiana tratta nel 1969 dai romanzi di Stout
Tino Buazzelli (Nero Wolfe) e Paolo Ferrari (Archie Goodwin) nell'apprezzata serie televisiva italiana tratta nel 1969 dai romanzi di Stout

Nel corso delle sue indagini è dunque Archie Goodwin a recarsi sulle scene del crimine, a interrogare testimoni – quando Wolfe non provvede a convocarli presso il suo studio – a pedinare sospetti e a curare ogni ulteriore aspetto operativo dell’investigazione, talvolta con l’ausilio di altri collaboratori del suo principale.

Timothy Hutton e Maury Chaykin nella serie "A Nero Wolfe Mystery" (2001)
Timothy Hutton e Maury Chaykin nella serie "A Nero Wolfe Mystery" (2001)

È decisamente raro che, nei romanzi di Stout, Wolfe lasci la sua casa nella Trentacinquesima strada: in una circostanza, si reca a un congresso di chef (Too many cooksAlta cucina, 1938), in un’altra partecipa a una mostra floreale (Some buried CaesarLa guardia al toro, 1939). Quando accade, l’investigatore rimane immancabilmente coinvolto in casi criminali che richiederanno un suo intervento risolutivo. Nel corso della vicenda narrata nel romanzo The black mountain (Nero Wolfe fa la spia, 1954), fa ritorno nel suo villaggio natale in Montenegro.

Francesco Pannofino interpreta il detective di Stout in "Nero Wolfe" (2012)
Francesco Pannofino interpreta il detective di Stout in "Nero Wolfe" (2012)

“Il miglior giallista del secolo”

Il creatore di Nero Wolfe e Archie Goodwin, Rex Todhunter Stout, è nato Noblesville (Indiana) il 1º dicembre 1886. La famiglia si è poi trasferita a Topeka, nel Kansas. Il giovane Stout ha dimostrato ben presto attitudini da bambino prodigio: a tre anni aveva già letto la Bibbia, a dieci tutti i testi di filosofia, storia, scienza, poesia conservati nella biblioteca paterna. A tredici anni è stato campione di ortografia. Dai diciotto, arruolato in marina, ha svolto le mansioni di sottufficiale addetto al servizio amministrativo a bordo del Mayflower, lo yacht del presidente Theodore Roosevelt.

Congedatosi, ha svolto varie attività (tra cui, contabile ambulante, venditore di sigari a Cleveland, venditore di souvenir indiani ad Albuquerque, guida turistica a Santa Fe, libraio a Chicago, Indianapolis e Milwaukee, stalliere a New York).

Ha iniziato a dedicarsi alla scrittura nel 1912, collaborando con riviste e settimanali. Si è sposato nel 1916 con Fay Kennedy, da cui ha divorziato nel 1933, per sposarsi con Pola Hoffman, la madre delle sue due figlie, Barbara e Rebecca. Dopo il crollo di Wall Street, nel 1929, a causa del quale ha perso molto del suo denaro, ha pubblicato il suo primo romanzo, How Like a God.

Lo scarso successo riscosso lo ha indotto a dedicarsi al poliziesco e, dal 1934, ha quindi iniziato a narrare le vicende di Nero Wolfe e del suo collaboratore, ottenendo riscontri decisamente positivi, di pubblico e critica.

Rex Stout nel suo studio
Rex Stout nel suo studio

Nel 1959 è stato insignito del Mystery Writers of America Grand Master e, negli anni, ha rivestito numerose cariche nell’ambito delle maggiori associazioni letterarie statunitensi (Authors Guild e Mystery Writers of America). Nel 1949 è entrato a far parte dei Baker Street Irregulars, associazione letteraria che riunisce autorevoli esperti di Sherlock Holmes. È morto a Danbury (Connecticut) il 27 ottobre 1975.

Nell’edizione del 2000 del Boucheron, la più grande convention dedicata alla letteratura poliziesca, il ciclo letterario dedicato all’investigatore della Trentacinquesima strada è stato definito “miglior serie del secolo” e lui, Stout, “miglior giallista del secolo”.

Morto che parla (The Silent Speaker, 1946)

Autore: Rex Stout

Traduttore: Ida Omboni

Introduzione: Marco Malvaldi

Edizoni: Beat – Collana: "Le inchieste di Nero Wolfe"

Pagine: 224

Isbn: 978-8865597798

Data di pubblicazione: 29 settembre 2023