Simone Fagioli, Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata, Arcidosso, Effigi, 2025.

Gli appassionati del celebre detective di Baker Street hanno finalmente a disposizione una nuova avventura che li porterà molto lontano dalla consueta atmosfera vittoriana londinese. Simone Fagioli, con Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata (Arcidosso. Effigi, 2025), regala ai lettori holmesiani un’opera che rispetta fedelmente lo spirito originale di Conan Doyle, trasportando però il genio investigativo di Holmes in un contesto storico e geografico completamente nuovo e affascinante.

Un’ambientazione inaspettata ma perfettamente credibile

La scelta di ambientare una storia di Holmes nell’Italia degli anni Trenta potrebbe sembrare azzardata, ma Fagioli dimostra una maestria narrativa che rende questa trasposizione non solo credibile, ma estremamente coinvolgente. Il detective si trova a Monticello Amiata, piccolo borgo della Maremma toscana, per indagare su alcuni affari del misterioso Barone Gruner – personaggio che i lettori più attenti ricorderanno dal canone doyliano.

L’autore, antropologo e storico, costruisce con pazienza certosina un’atmosfera che mantiene intatto il fascino dei racconti originali, pur calando i protagonisti in un territorio dove le nebbie dell’Amiata sostituiscono quelle del Tamigi, e dove i segreti si annidano tra antiche miniere e istituzioni bancarie rurali piuttosto che nei vicoli di Whitechapel.

Un cast di personaggi autenticamente holmesiano

Il dottor Watson accompagna naturalmente Holmes in questa avventura italiana, e il loro sodalizio funziona perfettamente anche in questo nuovo contesto. Fagioli dimostra di aver compreso a fondo la dinamica tra i due protagonisti: Holmes mantiene la sua acuta capacità deduttiva, la sua tendenza all’introspezione e quel sottile sarcasmo che lo contraddistingue, mentre Watson conserva il ruolo di fedele cronista e voce della ragione, spesso stupito ma sempre leale.

Il supporto di Riccardo Valeriani, medico condotto del paese che ospita Holmes sotto falsa identità, aggiunge un elemento locale che arricchisce la narrazione senza mai appesantirla. L’amicizia nata casualmente all’Esposizione di Parigi del 1889 fornisce una giustificazione plausibile per la presenza degli inglesi in territorio toscano, dimostrando l’attenzione dell’autore per i dettagli di verosimiglianza narrativa.

Un intreccio degno dei migliori racconti del canone

La trama si sviluppa attorno alla morte sospetta di Giovanni Bernaldi, cassiere della Cassa Rurale Cattolica di Prestiti e Risparmio di Monticello Amiata, realmente esistita e oggetto di un saggio scientifico dello stesso Fagioli (Simone Fagioli, La Cassa Rurale Cattolica di Prestiti e Risparmio di Monticello Amiata (Grosseto). Un caso nazionale di speculazione industriale e crisi del credito cattolico (1910-1947), con una postfazione di Monika Poettinger, Arcidosso, Effigi, 2025). Come nelle migliori tradizioni holmesiane, quello che inizialmente appare come un semplice caso di rapina finita male si rivela essere la punta di un iceberg che nasconde ramificazioni internazionali, coinvolgimenti politici e passioni umane devastanti.

L’autore dimostra una particolare abilità nel tessere una rete di indizi che si infittisce progressivamente, mantenendo sempre alto il livello di suspense. La miniera dell’Aquilaia, con i suoi segreti sepolti, diventa un elemento centrale della narrazione, simbolo di quelle ambizioni industriali che nel ventennio fascista promettevano progresso ma spesso nascondevano speculazioni e corruzioni.

Il contesto storico come elemento narrativo

Uno degli aspetti più riusciti del romanzo è l’integrazione del contesto storico nell’intreccio investigativo. L’Italia del 1932, con le sue tensioni politiche e sociali, non rimane mai sullo sfondo ma diventa parte integrante del mistero. Il regime fascista, le dinamiche del credito rurale, le pressioni politiche sulle istituzioni locali: tutti elementi che Fagioli maneggia con competenza, creando un ambiente in cui Holmes deve misurarsi non solo con la logica del crimine, ma anche con le complessità di un sistema politico-sociale lontano dalla sua esperienza.

La presenza inquietante ma mai invadente del Partito, le figure dei marescialli dei carabinieri, l’atmosfera di sospetto che pervade il piccolo borgo: tutto contribuisce a creare un’ambientazione che risulta credibile e storicamente accurata, senza mai sacrificare il ritmo narrativo.

Lo stile: fedeltà alla tradizione con tocchi di originalità

Fagioli dimostra una profonda conoscenza della prosa doyliana, riproducendone efficacemente il tono, il ritmo e l’atmosfera. I dialoghi tra Holmes e Watson mantengono quella particolare cadenza che caratterizza i loro scambi nei racconti originali, mentre le descrizioni ambientali riescono a evocare con precisione sia l’ambiente fisico che l’atmosfera psicologica degli eventi.

Particolarmente riusciti sono i momenti di analisi deduttiva di Holmes, che mantengono quel fascino quasi magico che contraddistingue il personaggio. L’autore non cade nella tentazione di modernizzare eccessivamente il detective, conservandone intatte le caratteristiche che lo hanno reso immortale, pur adattandole intelligentemente al nuovo contesto.

Un mistero che rispetta le regole del genere

Senza entrare nei dettagli della soluzione – che rimane una sorpresa da scoprire pagina dopo pagina – è possibile affermare che Fagioli costruisce un mistero che rispetta pienamente le regole del giallo classico. Tutti gli indizi necessari per la soluzione vengono forniti al lettore, che può teoricamente arrivare alle stesse conclusioni di Holmes, anche se difficilmente riuscirà a eguagliare la brillantezza delle sue deduzioni.

Le ultime parole frammentarie della vittima – “man… le…” – diventano un elemento centrale dell’indagine, dimostrando come l’autore sappia sfruttare anche i dettagli apparentemente marginali per costruire momenti di alta tensione narrativa.

Un’opera che arricchisce il mito holmesiano

Sherlock Holmes e i segreti di Monticello Amiata non è semplicemente un pastiche ben riuscito, ma un’opera che riesce ad arricchire genuinamente l’universo narrativo del grande detective. Fagioli dimostra che è possibile creare nuove avventure holmesiane autentiche e coinvolgenti, purché si rispettino i caratteri fondamentali dei personaggi e si costruiscano trame degne dell’intelligenza del protagonista.

Il romanzo funziona perfettamente sia per i lettori già innamorati del personaggio di Holmes, che troveranno qui tutti gli elementi che amano, sia per chi si avvicina per la prima volta al detective, offrendo un’introduzione accessibile ma mai banale al suo mondo.

L’operazione letteraria di Fagioli merita quindi una menzione particolare nel panorama della narrativa holmesiana contemporanea: un’avventura che sa essere fedele alla tradizione pur aprendosi a nuove possibilità narrative, regalando ai lettori il piacere di ritrovare Holmes e Watson in una veste inedita ma perfettamente riconoscibile.