Il sistema di riconoscimento dei criminali tramite un archivio delle loro impronte digitali, e la catalogazione delle stesse secondo alcuni parametri standard fu ideato da Francis Galton (1822-1911) e finì gradualmente col soppiantare l’analogo metodo di catalogazione di Bertillon. A Scotland Yard si cominciò ufficialmente ad usare questo metodo nel 1901. Holmes sembrò apprezzare ben prima le caratteristiche delle impronte, ma anche i limiti di quel sistema, che ancor oggi è considerato “la regina delle prove” solo dagli incompetenti. Nel Canone si fa spesso cenno ad impronte digitali, ma esse non costituiscono mai un indizio o una prova importante nella soluzione dei casi. In NORW un innocente era sospettato perché su di un muro fu trovata la sua impronta, realizzata con un artificio; in REDC fu strappato un angolo di un foglio per non lasciare impronte; in 3GAB e in 3STU si cercarono inutilmente le impronte; in CARD se ne trovarono, ma non si capì di chi fossero; in SIGN erano del postino e in TWIS Holmes dedusse che chi aveva impostato la lettera aveva il pollice sporco. Ancora in

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NORW, Lestrade chiese a Holmes con fare sussiegoso se sapesse che due impronte non sono mai eguali, e Holmes ironicamente commentò che aveva sentito dire qualcosa del genere. In verità dimostrò che ciò che appariva la soluzione era solo un’abile manipolazione: la prova “scientifica”, cioè, andava per Holmes inquadrata in un contesto. Questa idea è assai moderna dal punto di vista metodologico, ma anche dal punto di vista giallistico e criminologico.

Per conoscere tutti i dettagli del canone e tutte le voci relative ai particoli di Sherlock Holmes ricordiamo il volume enciclopedico Il Diciottesimo Scalino da cui è tratta anche questa voce.