Il fenomeno dell’apocrifo può essere osservato partendo dall’idea di Umberto Eco secondo cui ogni opera d’arte è aperta ad una serie infinita di letture possibili, ciascuna delle quali porta a rivivere l’opera secondo una prospettiva, un gusto personale. Sotto questa luce il ruolo stesso dell’autore Secondo, che per suo stesso scopo è soggetto all’ingrata posizione di colui che esiste in quanto propagazione dell’Autore Primo, si nobilita e assume consapevolezza della propria creatività e originalità. La letteratura poliziesca è ricca di occorrenze di un tale fenomeno. Basti guardare alla numerosa serie di apocrifi relativi al Canone ufficiale (quattro romanzi e cinquantasei racconti) di Conan Doyle-Sherlock Holmes, in cui si sono cimentati i più svariati autori: John Dickson Carr,(“Il caso delle brache di rame”, “ L’avventura dei documenti Conk-Singleton”) autore appassionato di delitti della camera chiusa e di gialli all’inglese nonché eminente studioso di Conan Doyle e della sua opera, che insieme a Adrian Conan Doyle, figlio e autore di una biografia del celebre genitore, scrisse due raccolte di racconti, (“Le imprese di Sherlock Holmes” e “Le nuove imprese di Sherlock Holmes”), Monsignor Ronald A.Knox, (“L’avventura della carrozza di prima classe”),sacerdote, membro del London Detection Club, comprimario della Christie, di Wallace, della Sayers durante l’Età d’oro e autore di opere gialle oltre che di un “decalogo” sulla scrittura del romanzo poliziesco, Ellery Queen, (“Lo studio in nero”), pseudonimo dietro cui scrivevano i cugini americani Manfred B.Lee e Frederic Dannay, per l’anagrafe Manford Lepofsky e Daniel Nathan, fino ai più recenti Isaac Asimov, (“L’estremo delitto”), Nicolas Mayer (“Soluzione sette percento”), Randall Collins (“The case of the Philosopher’s Ring”), Stephen King (“Il caso del dottore”), e moltissimi altri scrittori, più o meno celebri. Quello di Conan Doyle è senz’altro il caso più prolifico in questo senso, quello che ha generato il maggior numero di Autori Secondi nella storia del giallo. Ma non certo l’unico. La stessa coppia Ellery Queen, autrice apocrifa, fu a sua volta apocrifata a piene mani ad opera di: Henry Kane (“Assassinio su ricetta”),seguace dell’Hard Boiled americana, Edward D.Hoch, autore di molti racconti e collaboratore della Rivista di Ellery Queen, Jack Vance (“Una stanza per morirci”), Walt Sheldon (“Indovina che viene a ucciderti”) e,anche qui, si potrebbe continuare citando in aggiunta le collaborazioni di cui si avvalsero i titolari della ditta Ellery Queen nella loro vasta produzione a partire dagli anni sessanta. Ecco un caso di apocrifo voluto dallo stesso Autore Primo. Neppure il geniale, mastodontico, misogino investigatore gourmet partorito dalla fantasia di Rex Stout, Nero Wolfe, fa eccezione al riguardo: ben sette romanzi della lunga saga wolfiana portano la paternità di Robert Goldborought ( “Dissolvenza in Nero Wolfe”,”Nero & Archie docenti in delitto”,”N.W. e il quarto potere”,”N.W.:delitto in mi minore”,”N.W.:il capitolo mancante”,”N.W.: la guglia d’argento”, ”N.W.:l’ultima coincidenza”), due di Laura Grimaldi (“Elementare signor presidente”,”Elementare signor presidente 10 anni dopo”),mentre dalla penna di Julian Symons, autorevole critico, giallista nonché presidente dal 1976 al 1985 del London Detection Club, è nato un racconto breve, così come da quella di Thomas Narcejac (“L’orchidea rossa”) , di Federico Bini (“Chiamata radio per N.W.”) e altri. Uno dei due maggiori esponenti della Hard Boiled School, Raymond Chandler, lasciò incompiuto il suo ultimo romanzo, l’ottavo, in cui figura da protagonista Philippe Marlowe, che fu portato a termine in anni più recenti da Robert B.Parker (“The Poddle Spring Story”) , allievo della medesima corrente del giallo realistico americano. Apocrifo che interviene a completamento di un’opera incompiuta. Edgar Wallace, anche se non fu mai provato, veniva accusato dai suoi contemporanei di fare uso dei cosiddetti “negri” per far fronte alla vastissima produzione che portava la sua firma (oltre a 170 romanzi e innumerevoli racconti, scrisse anche sceneggiature e commedie). Apocrifi sperimentali, apocrifi tradizionali, contemporanei o postumi all’Autore Primo,animati da spirito conservatore o arditamente innovativi, riproducenti l’intenzione sostanziale del Canone o sfiorando la trappola della parodia involontaria; ce n’è di tutti i generi. Quando è che un opera apocrifa può considerarsi riuscita? un Autore Secondo può dire di essere riuscito nel suo compito se riesce a estrarre tutto quanto l’Autore primo avrebbe potuto dire ma non ha ancora detto. Molto è stato analizzato e scritto in favore e contro la questione, ma tutto sommato credo che un buon apocrifo non possa che essere gradito dall’appassionato, in quanto per sua propria natura tramanda l’oggetto stesso di quella passione, altrimenti destinato a esaurisi nei suoi limiti, fornendogli nuova linfa per continuare a vivere. Garanzia di vitalità.