“Tre donne in abito da sera si accingono ad assistere a uno spettacolo d’illusionismo nel teatro allestito nel solarium di casa Bonnard, una delle famiglie più in vista di New York. Una è Irene Bonnard, la padrona di casa, austera e ancora affascinante a dispetto dell’età: la seconda è Pamela Crewe, la graziosa fidanzata del figlio di Irene, bionda dagli occhi azzurri, con quello strano carattere che alterna improvvise timidezze a grandi slanci di affetto; la terza è Naomi Shane che a soli 26 anni ha già un infelice matrimonio alle spalle dal quale sta faticosamente cercando di riprendersi. Molti sono gli ospiti che si cimenteranno in qualche gioco di prestigio, e tra questi, inaspettato, c’è anche il dottor Gilbert Shane, l’ex marito di Naomi. Tutti sanno che Gilbert e Naomi preferiscono evitarsi, eppure eccoli lì, insieme, prima e dopo la cena, impegnati in animate discussioni. Quando lo spettacolo comincia, uno dei primi a presentarsi sulla scena è proprio Gilbert, che sfoggia una grande abilità. Almeno fino a quando qualcuno, davanti agli occhi di tutti, riesce a conficcargli un coltello nella schiena, uccidendolo”.

Un bel caso complicato questo Tre donne in abito da sera di Helen Reilly, Polillo editore

2007, che l’ispettore scozzese Christopher McKee della squadra omicidi di Manhattam si trova a dover sbrogliare. Il romanzo fu pubblicato nel 1941 ma non è il primo della serie (se ne contano ben 31!) di questo più o meno tranquillo e riflessivo (mica sempre però!) ispettore che vide la luce undici anni prima con “The Diamond Feather”. La sua creatrice, nata a New York nel 1891, era una dei sette figli di un pezzo grosso di una delle più importanti scuole femminili americane. La Reilly viene ricordata nella storia del giallo praticamente per due motivi: come antesignana del giallo cosiddetto procedurale nel quale “l’attività quotidiana della polizia e i suoi metodi la fanno da padrone”, e come appartenente alla scuola del giallo tipicamente femminile dove l’eroina è in costante pericolo. Basti ricordare nomi come Mary Roberts Rinehart, Mabel Seeley e, in parte, Mignon Good Eberhart.

Sull’ispettore Christopher McKee abbiamo pochi elementi. Entra in scena al capitolo sesto “alto e malinconico” mentre sta tornando in centro da una sparatoria ad Harem Kent. Prima caratteristica grande osservatore ed ascoltatore. Per tutto il libro si mette in rilievo il suo sguardo. Si intende di magia. Capisce subito che è un caso difficile. Occorre ricostruire la scena del crimine. Anche mentalmente “La sua mente andò a tutta l’oscurità programmata in anticipo: il teatro al buio, il palco rivestito di velluto nero, l’assistente in mantello, cappuccio e guanti di velluto nero. Pensò alla notte buia contro le vetrate. Attraverso quell’oscurità l’assassino era fuggito avvolto in un manto di invisibilità, finché lui o lei non se n’era liberato per rientrare nel solarium e mescolarsi agli spettatori eccitati e ignari, la cui attenzione era rivolta esclusivamente al palco”. Aspetta con pazienza la prima “incrinatura” nel “compatto fronte di innocenza ostentato da nove di quelle dieci persone”. Sa bene che l’assassino avrebbe combattuto come un topo in trappola che si apre la via di fuga “con denti di ferro e con qualche incredibile astuzia e ferocia” e che “le forze oscure dietro la morte di Gilbert Shane stavano acquistando forza…”. Ostinato nelle perlustrazioni. Per lui “Nessun setaccio è abbastanza fine per raccogliere ciò che non si sa di cercare”. Qualche volta si arrabbia, parla bruscamente, oppure è accigliato, risponde in tono feroce, con il viso cereo e cupo. Diciamo pure che si incazza di brutto quando tutte le piste investigative sfociano in vicoli ciechi. Fuma

la pipa. Una volta la morde “arcigno” oppure sfrega rabbiosamente un fiammifero. Quando fa tintinnare alcune monete in una tasca mi ricorda l’ispettore Mason di Edgar Wallace.

Per lui il senno di poi non serve a nulla. Gli torna invece utile l’esperienza che fa richiamare alla memoria altri casi simili. Ad un certo punto sembra crollare e il suo amico commissario lo vede sconfortato come in una specie di trance. Ma riesce lo stesso a risolvere il mistero. Così e così.

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