Se qualcuno oggi pensa di poter leggere una storia poliziesca in santa pace si sbaglia di grosso. Voglio dire una storia normale con i suoi bei morti ammazzati, l’assassino/a che si nasconde (in senso figurato. Non c’è bisogno che scappi) e il/la poliziotto/a di turno che gli dà  la caccia. Impossibile. Introvabile. Bisogna che si metta il cuore in pace e ritorni ai vecchi classici di un tempo che fu.

Oggi la sola, nuda e cruda vicenda gialla farebbe ridere. Tutti sono bravi a scriverla. Perfino i bambini delle elementari. Per cui si assiste nel campo del giallo (inteso nel senso generale) ad una metamorfosi degna di Ovidio. Lo scrittore di romanzi polizieschi che si trasforma in Tuttologo. Con la T maiuscola, s’intende.

La parola stessa ci indica la sua nuova professione. Egli sa tutto, si intende di tutto. E scrive di tutto. Come organizzare e sviluppare una vicenda poliziesca, via non c’è nemmeno bisogno di dirlo. E’ una vita che costruisce macchinazioni ed intrighi perfetti. Su questo non esiste problema. La performance è assicurata. Morti e suspance a volontà. Troppo facile. Troppo elementare, caro il mio bel Watson.

Occorre aggiungere qualcosa di vivo, di attuale, di concreto. Una bella critica alla società, per esempio. Ed ecco allora il nostro Tuttologo tuffarsi negli angoli più sordidi e bui per tirare fuori il marciume che ci appesta e mettersi le mani nei capelli, e gridare allo scandalo e lanciare anatemi e moccoli da tutte le parti. Il rimedio? Semplice, volersi bene. Ecco, vogliamoci bene.

Ma pensate, voi letteronzoli ingenui, che la sola critica alla società crudele e abietta possa bastare al nostro Tuttologo? No che non può bastare. No che non basta. Insieme al sociale ci vuole l’individuale. Insieme alla sociologia,

la psicologia. Ma non una psicologia superficiale, terra terra che lascia il tempo che trova. Occorre un trattato. Denso e compatto. Una anamnesi da brivido. Almeno sul protagonista principale. Che si sdraia sul lettino all’inizio per alzarsi alla fine del libro. Sudato fradicio peggio di un chirurgo dopo una estenuante operazione.

Bene, sociologia e psicologia. Se ci si aggiunge la storia dei morti ammazzati (in un giallo che si rispetti c’è sempre) siamo a posto. Diremmo noi. E, sono sicuro, direste anche voi. Un tubo! grida paonazzo il Tuttologo. E la filosofia? Dove la mettiamo la filosofia? Già, che sciocchi, ce n’eravamo dimenticati. Ad una certa età…Non sarebbe da Tuttologo lasciarla da parte. E infatti, se ci fate caso, nei suoi libri non la lascia per niente. Ma se la trascina dietro dalla prima (diciamo quasi per non esagerare) all’ultima pagina. Con riflessioni sofferte sull’uomo, sulla sua vita, sul suo destino, sui suoi amori, sui suoi dolori. Sulla felicità, sull’odio. Sulla morte. Su Tutto. Essendo egli, appunto, un Tuttologo.

E per esprimere questi alti concetti non può certo curarsi se essi fortuitamente rompono il flusso della storia e del racconto. Se distraggono il lettore. Se lo infastidiscono e lo confondono. Il Tuttologo va dritto, sicuro, saldo come roccia per la sua strada.  Non ti curar di lor ma guarda e passa. E scrive e scrive e scrive. E ancora scrive, scrive, scrive. Fino a raggiungere il suo vero e unico obiettivo: un librone bello, grande, grosso, corpulento, micidiale: il Malloppone.

Il Tuttologo è il padre indiscusso e indiscutibile del Malloppone. E a lui vanno tutti i miei più sentiti accidenti. Quelli veri.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it