Da alcuni anni in qua, finalmente, le statistiche e i dati di lettura dell’Istat nel nostro paese cominciano a rivelare contenuti meno allarmanti. Il numero dei titoli pubblicati aumenta sempre di più anche se diminuisce la tiratura, ridotti i costi di stampa grazie alla nuova editoria elettronica, le case editrici hanno deciso di investire in un maggiore assortimento di titoli, con un conseguente rinnovamento del mercato e una poliedrica variazione dell’offerta. Si stima che ogni anno vengano immesse sul mercato 60.000 nuove opere per una tiratura complessiva di circa 300 milioni di esemplari. Si può notare, tra le altre considerazioni, che il crescente successo dei libri venduti in edicola in abbinamento a quotidiani o periodici, fenomeno stimato attorno ai 50 milioni di copie, non ha minimamente intaccato le statistiche o le percentuali sul numero dei lettori abituali. Ciò significa che gli italiani, inaspettatamente, amano scegliere quello che leggono. Evidentemente “chi” compra il libro in edicola, è già un buon lettore e si limita a scegliere e a ad acquistare i titoli che incontrano il suo gusto e le sue aspettative personali. Tuttavia i dati cominciano ad essere meno sconfortati. Risulta in aumento, lento ma costante, il numero di coloro che leggono “almeno” un libro all’anno. Sempre sotto dimensionata come percentuale rispetto al resto dei paesi europei, la crescita però appare costante e consecutiva, le persone che “leggono libri”, pari nel 1965 ad appena il 32% della popolazione, oggi oscillano tra il 40% e il 45% del totale. Rimane invece sempre basso il numero dei lettori “forti” che si attesta attorno al 5%. Sempre secondo i dati dell’Istat i romanzi sono ancora in cima alla classifica con il 51% delle preferenze, seguiti dai manuali o libri per la casa con una percentuale del 27%. Ma il dato che riscuote particolare interesse è quello dalla travolgente rimonta del settore giallo noir che inizia a insediare seriamente il secondo posto nella classifica con una percentuale del 26,7%. In poche parole, oggi, un titolo su tre nelle preferenze degli italiani è un giallo, un thriller o un noir, e spesso è un libro italiano.

Nato inizialmente come filone imitativo del genere giallo inteso alla maniera anglosassone, oggi il giallo italiano ha assunto connotazioni talmente tipiche da convincere ed interessare non solo i lettori nostrani ma anche il mercato europeo o internazionale. Sempre più tradotti e ricercati anche all’estero i “nostri” scrittori hanno dimostrato di possedere proprio quella marcia in più che spesso riesce a fare la differenza. E’ innegabile che il “giallo all’italiana” conosca da una decina d’anni in qua una fortunatissima stagione editoriale, da Carlo Lucarelli ad Andrea Camilleri, da Giorgio Faletti a Massimo Carlotto, da Loriano Machavelli a Giulio Leoni, si tratta di un fenomeno in crescita costante che negli ultimi dieci anni ha assunto proporzioni a dir poco insospettabili. Si stima una crescita pari al 1700% nel decennio che va dal 1994 al 2004, con un numero di opere giallo noir a firma tipicamente italiana sugli scaffali che all’inizio rasentava appena l’11% del totale ed ora, come già detto, si attesta su cifre molto vicine al 30%. Ancora una volta dunque un libro su tre non solo è un giallo ma soprattutto è un giallo noir tutto italiano.

Vediamo allora in “cosa” concretamente si differenzia la produzione giallo noir italiana da quella anglosassone e americana.

I vecchi e nuovi scrittori italiani che approdano, sempre più numerosi, al giallo e noir, riescono a coniugare la narrativa di “genere” con un desiderio incontenibile di raccontare il loro paese, i misteri e quello che accade quotidianamente, sotto una chiave di lettura non necessariamente ufficiale, ma comunque improntata a una connotazione tipicamente sociale. Si tratta in un certo senso della rinascita, nel nostro moderno ventunesimo secolo, del vecchio romanzo sociale alla Dickens. Gli scrittori di genere giallo noir, in breve, sembrano colmare una lacuna mostrata proprio recentemente dalla cosiddetta “letteratura bianca”. Gli autori più impegnati, gli scrittori che si dedicano alla letteratura propriamente detta, dagli anni ’70 in poi hanno smesso di occuparsi dell’attualità e di parlare di quello che succede intorno a noi, creando un vuoto. Una microscopica frattura culturale in cui si sono insinuati gli scrittori di genere, arrivando, come già visto, a generare un fenomeno editoriale mai visto prima.

Oggi non si tratta più di una crescita ma di una vera e propria affermazione. Coloro che anni fa dicevano di essere scrittori, venivano in Italia guardati con una certa ammirazione, fino a che non confessavano di essere, appunto, autori di gialli. Al che vedevano comparire un sorriso di compatimento negli occhi dei loro interlocutori. Ora non è più così, il giallo, felicemente ibridato con il thriller e il noir, ha dato vita a una nuova creatura letteraria degna di ogni rispetto, meritevole di essere finalmente sdoganata dagli ambiti ristretti di una presunta letteratura di serie B e totalmente affrancata dai vecchi pregiudizi che la vincolavano. Un crescente fenomeno di apertura dovuto al notevole cambiamento culturale intervenuto, rispetto alla rigidità accademica del periodo storico precedente. Solo nello scorso anno, a Roma, l’Università La Sapienza di Roma ha dedicato ben due convegni al fenomeno emergente del Giallo Noir, il Roma Noir che dal 2003 ormai si tiene ogni anno organizzato dal Dipartimento di Studi Filologici Linguistici e Letterari della Facoltà di Scienze Umanistiche e Black Out: Indagini su un genere al di sopra di ogni sospetto, promosso invece dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione.

Un segno chiaro e forte del mutare dei tempi, un indicatore preciso di apertura totale nei confronti di un genere letterario che ha saputo ritagliarsi una fetta di mercato degna di tutto rispetto, in un settore sempre più competitivo e difficile. Un genere letterario tra l’altro che mostra delle caratteristiche ben precise.

In origine il Giallo consisteva sostanzialmente nella storia di un’indagine che mirava a ricostituire un ordine prestabilito gravemente turbato da un crimine. A questo filone si erano dedicati con successo scrittori anche prestigiosi tra i quali Agatha Christie, Ellery Queen, Rex Stout, Georges Simenon, Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Ed McBain. Basato appunto sul verificarsi di un crimine e sulle conseguenti indagini, nel giallo esisteva sempre un colpevole ben preciso che veniva individuato e smascherato con la ricomposizione del rassicurante Status Quo. Un tipo di letteratura dal finale comunque consolatorio, narrata dal punto di vista del vincitore, investigatore privato, dilettante o vera e propria squadra di polizia che fosse. Ma con il mutare dei tempi e soprattutto con la nascita del genere Hard Boiled, considerato di transizione, dopo la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale, il Giallo non era più adatto per raffigurare la realtà e veniva presto sostituito da un altro filone letterario, il Noir, oggi considerato ibrido, in grado cioè di commissionarsi con altri generi fino a rinnovarsi continuamente rimanendo costantemente attuale.

Il Noir, di fatto, è la storia di un disfacimento progressivo, di solito la frattura è insanabile e il destino si accanisce insistentemente contro qualcuno senza che nulla o nessuno sia in grado di intervenire. E quasi sempre l’evento scatenante è un semplice agente catalizzatore, così che la narrazione diventa valido strumento per accendere un faro potente sui fattori sociali circostanti. Ecco che allora il Noir diventa un fenomeno di denuncia, un racconto realistico della realtà contemporanea, un prezioso affresco sociale come furono all’epoca i romanzi memorabili di Charles Dickens. Qui il punto di vista nella narrazione è quello della vittima e il finale non è per nulla consolatorio. Anche se ci sono comunque spesso indagini e colpevoli consegnati alla giustizia, si sa sempre, fin dal principio, che non si è risolto nulla. Come accade, appunto, nella vita vera. Autori rappresentativi di questo genere in passato sono stati Cornell Woolrich, David Goodis, Leò Malet.

Con questa impennata dunque gli scrittori italiani sono riusciti a togliere il primato alle storie ambientate in città come Londra e Parigi, a svincolare il Noir dalle grandi metropoli americane e a ricondurlo vittoriosamente dentro gli italici confini usufruendo della nostra territorialità, unica e particolare, dove ogni regione è spesso un confine a se stante, in un paese che geograficamente e culturalmente ancora mostra milioni di sfaccettature diverse. E questa regionalità peculiare degli scrittori italiani sembra essere stata proprio l’arma vincente per un successo e un’affermazione assoluta e senza alcun precedente.

Un fenomeno non solo italiano ma che in Italia è nato e da qui si sta propagando verso tutto il mondo mediterraneo, per un nuovo tipo di Giallo Noir dal sapore latino che convince e vende anche sul mercato estero.

Va di moda il Noir” appunto perché in grado di fare chiarezza su misteri troppo a lungo taciuti, su verità mai rivelate, capace di scavare in situazioni di disagio, di violenza e di prevaricazione in un paese in cui la criminalità quotidiana, i labirinti della politica e la corruzione delle istituzioni, rischiano di minare seriamente la qualità della vita dell’uomo comune. Il romanzo giallo noir così è diventato uno strumento perfetto per narrare storie dannate, personaggi predestinati, atmosfere rarefatte ed incombenti, ma anche per compiere un esame impietoso della realtà, per costituire appunto, o addirittura sostituire, quelle inchieste vecchio stile o i reportage che oggi non si usano più. Un mezzo meta letterario per meglio raccontare una realtà. Sotto forma di invenzione si cerca di fornire una chiave interpretativa e di offrire al lettore nuovi strumenti per comprendere la verità delle cose in un paese in cui, in fondo, alla verità non si è mai arrivati.