Come al solito il titolo scelto è un po’ iperbolico ma rende bene il dubbio che mi ha suscitato la lettura di tante vite di scrittori illustri. L’aggettivo “incasinata” comprende, naturalmente, sia il movimento (spostarsi, fare più mestieri ecc…) che la sfortuna più nera (voluta o non voluta). Basta partire da quella del capostipite del romanzo poliziesco. Voglio dire di Edgar Allan Poe. Tutti (o quasi) la conoscono. Non c’è bisogno di farla lunga. Si può partire dalla fine.

Il 27 settembre 1849 Edgar Allan Poe parte alla volta di New York, per sbrigare alcune faccende e ritornare velocemente a Richmond, in Virginia, dove vuole sposare la vedova Sarah Elmira Royster, un vecchio amore di gioventù. Ma fra il 28 settembre e il 3 ottobre sparisce. Viene ritrovato in una locanda di Baltimora completamente fuori di testa con altri vestiti addosso e privo di soldi. Ricoverato d’urgenza in ospedale alterna momenti di delirio ad altri di una certa lucidità, ma non sa spiegare quello che gli è successo. Muore il 7 ottobre, e da allora inizia una ridda di insinuazioni e calunnie, dato che la vita dello scrittore era stata quella che possiamo definire “tutta genio e sregolatezza”. Vi è stata più di una teoria, ma nulla di certo e documentato.

La vita di Poe mi ha colpito non poco. Vi troviamo un intermezzo inglese, buoni studi, un matrimonio con una cugina tredicenne il cui aspetto fragile ed etereo gli ricorda la madre morta di tisi e, soprattutto, l’alcol. Una vita tutta genio e sregolatezza dove è difficile assegnare la palma all’uno o all’altra.

Qualcosa di simile con quella di Raymond Chandler basata su una educazione vittoriana, la buona scuola, il matrimonio con una “mamma” più vecchia di lui e, ancora una volta, l’alcol.

Ecco, l’alcol è una costante comune di molti giallisti di razza (anche di letteratoni, a dire il vero), soprattutto della scuola dei duri americani. Ricordo Dashiell Hammett, una vita di lavori precari, la separazione dalla moglie, la tubercolosi, il processo durante il periodo del maccartismo. Conclusione: finisce povero e solo.

L’alcol lega fra loro anche tante vite dedite ai cosiddetti noir. Con in più la galera. Vedi Edward Bunker, per esempio, l’autore di Come una bestia feroce e Autobiografia di una canaglia, tanto per rinfrescare la memoria. All’alcol si aggiungono tutta una serie di collegi, riformatori e, dulcis in fundo, il carcere di San Quentin. Ma lui non se la prende troppo e diventa perfino attore e sceneggiatore dei film tratti dai suoi libri.

Di James Ellroy basta il nome (non c’è bisogno di ricordare i suoi libri) per evocare immani tragedie e lutti personali come l’assassino della madre, l’alcol, la droga, la delinquenza, il carcere minorile, la depressione, i ricoveri ospedalieri. Di tutto e di più.

Anche James Lee Burke, quello di Pioggia al neon, ha dovuto sopportare sacrifici durissimi. Per fortuna aiutato dal suo agente letterario Spitzer (qualche volta c’è un angelo vicino a noi). E in galera per rapina a mano armata c’è finito pure Chester Bomar Himes che ha lasciato una serie di polizieschi basati sul problema del razzismo. Si ricordano i due detective neri Coffin Ed Johnson e Grave Digger per il loro soprannomi rispettivamente Ed la Bara e Jones lo Scavafossi che sono tutto un programma.

Oltre alla sfortuna, all’alcol e compagnia bella spesso ci si mette di mezzo anche la politica, come si è già accennato in precedenza. Così accade per Jim Thompson che ha influenzato l’evoluzione del noir dopo gli anni cinquanta. Ispiratosi a Marx nei suoi libri critica la famiglia, il matrimonio e il lavoro. E così succede in Francia a Leo Malet. Orfano allevato dal nonno bibliofilo, vaga per il suo paese, soprattutto da una parte all’altra di  Parigi, fa mille mestieri, ha amicizie anarchico-surrealiste. I suoi personaggi sono oppressi dalla società, da se stessi, da tutto. Unica alternativa la ribellione.

In Italia basta ricordare Scerbanenco. Una personalità burrascosa, anche lui mille mestieri, si becca pure la TBC. Al sanatorio di Cuasso una bella scoperta: lo zabaione e unico argomento:le donne. La sola infermiera che deve assistere molti malati diventa una specie di Circe. Poi contabile in una grossa ditta ed infine assunto in redazione alla Rizzoli. Il fatto più eclatante è che scriveva, scriveva e scriveva. Se ci fosse stata la possibilità di reincarnarsi in un oggetto sono sicuro che sarebbe diventato una macchina da scrivere.

Fin qui mi sono accorto di avere parlato solo di uomini ( la fila sarebbe ancora molto lunga, direi interminabile). E le donne? Beh, anche su di loro ci sarebbe da dire qualcosa. Ho proprio sotto gli occhi Undici calze di seta di Craig Rice, Polillo 2004, il cui destino non è poi così difforme da quello dei maschietti sopracitati. Praticamente abbandonata dai suoi genitori in giro per l’Europa a divorziare e a risposarsi anche lei prende questo vizietto e contrae cinque matrimoni da cui ha due figlie ed un figlio. Sorda da un orecchio e cieca da un occhio è attratta dalla bottiglia tanto che deve essere ricoverata al Camarillo State Hospital per alcolismo cronico. Per due volte tenta il suicidio. Viene trovata morta nel suo appartamento di Los Angeles a soli quarantanove anni probabilmente “per un micidiale cocktail di alcol e farmaci.

Poi c’è Christianna Brand  che non beve ma nella vita si dà da fare: “governante, commessa, ballerina, modella, segretaria, insegnante di danza, standista e decoratrice d’interni”. Quando si mette a scrivere per lei è una bazzecola.

Chiudo con Mary Rinheart. Era una scrittrice americana nata a Pittsburg nel 1876 da una famiglia molto povera il cui padre, tra l’altro, muore suicida e la madre rimane paralizzata in conseguenza di una grave ustione. Una vita tribolata fino a quando riesce a pubblicare, proprio negli anni sopra citati, due romanzi polizieschi Lo sconosciuto del vagone letto e La scala a chiocciola che cambiano, almeno in parte, il corso tradizionale del giallo. Anche qui, come nel precedente caso, ha vinto la forza del carattere, la volontà. Un buon insegnamento. Mai disperare.

Vita incasinata uguale successo assicurato? Sembra proprio di sì. Un invito a tutti i nostri scrittori a fare mille mestieri, ad ubriacarsi, a drogarsi e farsi mettere in galera.

Ecco, fatevi mettere in galera.

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it