Ieri ho avuto una strana sensazione. Ho guardato con occhi diversi mia moglie. Voglio dire, più precisamente, che mi è sembrata diversa. Il suo sorriso, per esempio, così genuino e solare mi è apparso un po’ freddo, distaccato. Il suo sguardo amorevole si è trasformato in qualcosa di inquietante. Quando sono venuti a trovarmi i miei figli i loro saluti, i loro abbracci hanno perso l’aspetto caloroso di amore genuino. Mi parevano finti, calcolati. Dopotutto ho da parte un certo gruzzoletto e tutti e due hanno un pesante mutuo da pagare…

Tutta colpa di questo maledettissimo Family Day di autori vari, Sperling and Kupfer 2008, che mi ha messo addosso una discreta apprensione. Trattasi di dodici racconti in cui “Padri, madri, figli, amici e maestri diventano, in questa raggelante antologia, assassini, complici, mandanti o essi stessi vittime di omicidi e gesti efferati, in una sorta di inquietante e terribilmente realistico “ritratto di famiglia e dintorni””.

Butto giù senza guardare troppo alla punteggiatura. Gemelli siamesi che portano iella, saranno il nuovo messia secondo l’idea di Erodione?, meglio farli fuori, figlia che uccide madre e sorellina, occhio all’ascensore con gli specchi che potrebbe apparire all’improvviso un cugino morto che ci guarda torvo, non credete, ingenui che non siete altro, alla Famiglia dell’anno così pulita e perfetta all’esterno e così piena di vipere all’interno, attenti alle cugine belle come Marianna che vi possono mettere in brutti pasticci, non fatevi ingannare da un finto sbirro che picchia un ragazzino (siamo nel 1881 ma potrebbe essere oggi), se poi un padre vuole uccidere il figlio sarà o no nel suo pieno diritto?, che casini (vendette) succedevano nella Russia del 1943?, c’è pure Holmes e Watson alle prese con uno spirito assassino, un dubbio che arrovella un padre (suo figlio è frocio o no?) ecc…

Parecchia delusione, via, per qualche racconto troppo forzato o ingenuamente scontato  (rispetto alla firma) e anche risaputo (vedi il solito cliché dei gemelli ripreso dalla Montanari). Infine il lungo racconto di Alan D. Altieri che dà il titolo alla raccolta e che si snoda per ben 88 (ottant’otto!) pagine con frasettine più o meno brevi da far venire il nervoso anche a chi non ce l’ha (ma questo lo ascrivo completamente ad una mia deficienza di lettore). Nel complesso una  raccolta ben al di sotto delle ultime che ho letto e recensito. Praticamente la classica fantasia che cerca di superare (visto quello che c’è in giro) la realtà. Insieme, comunque, fanno un certo effetto. Quando ho salutato i miei vicini di casa ho avuto un sobbalzo. Avevano la stessa faccia spiccicata di Olindo e Rosa…

 

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