Quella notte non si lasciarono, e quella notte la convinse. Tre giorni dopo, al termine del giro che come rappresentante doveva fare, alla prima alba la condusse con sè verso Firenze.

Qui conobbe il vero Franco, se uno vero ce ne poteva essere e, soprattutto, conobbe il significato del suo soprannome. Il locale alla moda era in realtà un night scalcinato posto in una ex cantina del centro città, il caro amico che gestiva il locale, fu subito estremamente chiaro sulla percentuale che le spettava per ogni bottiglia stappata, su cosa fare nei separé, sugli extra che poteva ricavare dai clienti. Per farglielo capire meglio, le mise una mano sotto le gonne e stringendole il sesso come se Elide fosse cosa sua.

Intanto Franco annuiva e rideva, qualche giorno dopo si presentò con una cinquecento color acquamarina, questa volta sua.

Furono molti i gradini che Elide scese in quel periodo, tanto che si sentì felice quando il pattuglione la rasciugò insieme ad altre disperate per portarla in Questura.

Lì che conobbe Paolo Forti, una giovane guardia di aspetto quasi delicato ma deciso, chiuso nella divisa grigioverde che la interrogava; la trattò con educazione dapprima, poi con dolcezza quando lei prese silenziosamente a piangere dopo essersi resa conto che da quella sera non sarebbe più potuta tornare al suo paese.

A Santa Verdiana passò tre mesi di relativa calma, se così può essere definita una permanenza in prigione. Una volta uscita incontrò di nuovo Paolo, anzì iniziò ad imbattersi in lui tutti i giorni.

Comprese nel tempo che la cosa non era affatto casuale, ne fu contenta, di nuovo si sentì felice. Presero a parlarsi e,  dai oggi dai domani, Paolo la convinse a chiudere con quella vita.

Le trovò un posto da un suo amico spedizioniere, era il primo lavoro pulito di Elide; con l’allegria dei suoi vent’anni rimediò agli inevitabili impacci. Fu presa a ben volere da tutti, non mancarono i corteggiatori. Fu nuovamente molto abile a far capire che nella sua mente c’era spazio solo per Paolo.

Ogni giorno all’ora di pranzo, come per un appuntamento non dato, si trovavano in un piccolo bar, posto vicino alla ditta, che faceva anche tavola calda. Facevano tenerezza dimostrando il pudore del loro sentimento, tra di loro infatti, un continuo non detto colmo di significati. Entrarono quasi subito nella simpatia anche dei gestori del bar, tanto che quando questi decisero di passare la mano fu proprio ad Elide che proposero di rilevarlo. Qualche soldo della vecchia vita lo aveva serbato, al resto pensò Paolo firmando garanzie con la banca per il prestito che Elide aveva chiesto.

Subito diede una rinfrescata all’ambiente ed al menù, dopo qualche tempo il bar quasi non si riconosceva, la clientela era aumentata ed Elide riusciva a far fronte ai propri impegni senza problemi.

In tanta tranquilla operosità, c’era un pensiero che l’arrovellava: Franco Bastiani. Non si era più fatto vedere, ma Elide sentiva che la permanenza in quella città, l’avrebbe portata un giorno o l’altro ad incontrarlo di nuovo.

Sentì dire da un rappresentante di un bel bar, un po’ decaduto, in una città vicina, pensò che fosse l’occasione giusta da prendere al volo.

Ancora una volta Paolo l’aiutò nello sbrigare le pratiche necessarie; ricordava ancora con quale gioia avevano alzato assieme il bandone il primo giorno. Come ragazzi si chiusero dentro e si abbracciarono stretti. L’alba li trovò ancora insieme.

Da allora quanto tempo era passato? Forse tre anni, forse meno, ed adesso…

“Allora, non dici niente?” “Buona sera” rispose Elide sulla difensiva, “Che vuoi?” “Si salutano così i vecchi amici? Adesso che hai fatto i soldi ti sei scordata di tutto, vero? Sei una signora adesso, bella gente, bella vita...”, “Che vuoi?”, “Voglio avere un’occasione anch’io, ho bisogno di soldi, e tu li hai!”, “Va bene, prendi l’incasso sono quattrocento mila lire”, “ E no carina, non sono mica un pappone che si contenta dell’incasso! Vedi, anche se tu non ci credi, tutti e due abbiamo bisogno di qualcosa: io di dieci milioni e tu che me ne stia zitto sulla tua vera storia. Te lo immagini se Zaira, Lisetta, Antonietta iniziassero a venire a trovarti tutti i giorni, magari all’ora dell’aperitivo?”, Elide, capì il pericolo che le stava di fronte, sapeva che se non voleva perdere tutto, doveva giocare le proprie carte in modo molto attento. “Va bene, parliamo ma io dieci milioni non li ho!”, “Li troverai, non preoccuparti il tuo bel poliziotto di aiuterà ancora, non pensi? Lo ha fatto sempre, no? Lo farà ancora.”, “E come? ha firmato tutte le garanzie possibili, come posso chiedergliene ancora?”, “Lo farai non dubitare”, mentre diceva così si avvicinò ad Elide cercando di abbracciarla.

“Stai fermo!”, “Eeeh, la verginella!”, “Non è questione, sto aspettando Paolo, non vorrei che ti trovasse qui!” “Se è per questo, andiamo, fuori ho la macchina, La Mercedes!”, “ Sarà tua come la giardinetta!” “No è mia come la cinquecento!”. Salirono in macchina, Elide gli indicò dove dirigersi, trovarono un luogo appartato, vicino alla città ma coperto dagli alberi, luogo ideale per le coppiette, per una coppietta, infatti,  volevano essere scambiati.