Partenza sparata questa di Un fiammifero di troppo di David Dodge, Mondadori 2009. Un “manigoldo” al lavoro nella Riviera francese aiutato senza secondi fini da una ricca signora; l’incontro con la sua Nemesi, l’Onorevole Regina Forbes Jones per essere più precisi; il suo nuovo lavoro di contrabbandiere (trattasi di sigarette); sua nuova dimora la prigione francese e insomma si comincia bene. Partenza sparata come contenuto e come scrittura: veloce, ironica, pulsante con girandole di battute quasi mai a vuoto (il pericolo delle girandole di battute è che talvolta fanno cilecca e non scoppiano per niente). Il tutto raccontato in prima persona dal “simpatico” malfattore. Essendo un tipo amante di movimenti più lenti un po’ di fiatone mi è venuto, dico la verità. Poi ci ho fatto il callo. E ci ho preso anche gusto a girare con Curly in diverse parti del mondo (ricordo Tangeri, Marrakech, Monaco, Montecarlo, Lima, la giungla del Brasile e perfino Olbia…) e a conoscere alcuni modi truffaldini (tra cui quello del fiammifero) per truffare (appunto) gli allocchi e gli stessi truffatori. E a girare con i più disparati mezzi di trasporto: dal treno alla macchina, dall’autobus al taxi, dall’aereo alla nave fino alla jaula che altro non è se non un battello fluviale. Un lungo viaggio picaresco con escursioni più o meno sociologiche sulla giustizia francese, sulle città incontrate, sulle donne marocchine, sulle varie tipologie di persone (gli americani, per esempio, risultano essere abbastanza tonti), sul mangiare e bere tipico di certi ambienti. Non mancano le botte date e ricevute e pure il sesso anche se solo accennato. Quello con la “dolce” Oddie, con la generosa Boda e con la calorosa Reggie. E l’amore? L’amore c’è, state tranquilli. E vince pure.

 

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