Pioggia battente di Massimo Cassani, Sironi 2009.

Giuseppe Moscardelli è un balordo ubriaco, già violentatore, che accetta di fare due strane telefonate per un bel gruzzolo di sghei. Una dalla casa di un noto avvocato di Milano, legale di fiducia del solito politicone di turno, dove ci rimane stecchito.

Ad indagare il commissario Sandro Micuzzi dai capelli rossicci e dal pronto toscanello, lasciato dalla moglie Margherita e messo, fino a quel momento, a vedersela con le scartoffie per un “incidente” sul lavoro. La sua deve essere una indagine personale, al di fuori di quella ufficiale, perché il caso è delicato. Alla fine, se tutto va bene, potrà essere riammesso nei ranghi. Suoi compagni di avventura gli ispettori Lariccia, Teneriello, Salada e l’agente Rosaria Della Vedova con dei baffetti che vivono per conto loro, come la barbetta rada di Rubin del famoso Club dei Vedovi Neri di Asimov.

Pioggia battente e rompigliante (di mio conio), soprattutto se l’ombrello è rotto, che lascia il posto ad un caldo boia. Ed il Nostro alle prese con gonne di tutti i tipi che gli si appiccicano addosso. In special modo la vicina di casa Sofia finita in carcere come sospetta dell’omicidio, e pure una biondona, controfigura spiccicata di Marylin Monroe.

All’indagine si mischiano alcune storie sentimentali, fotografie per un ricatto, l’amica giornalista, i problemi della ex moglie, un suicida impiccato, pedofilia, puttane, bisessuali, i problemi di Milano con i cinesi incazzati e i gioiellieri pure, le tre figlie dell’avvocato, l’incarico revocato, pugni e spari non proprio amichevoli, l’Osservatorio della democrazia (c’è pure questo), finanziamenti europei con relative, inevitabili truffe. Soldi e soldi e soldi e una bella manciata di gelosia.

Insomma “una partita a scacchi con troppi giocatori” come scrive lo stesso autore (e la cito per gli scacchi).

Prosa brillante, scattante, pimpante (tutto in “ante”) che sfiora ripetutamente lo stucchevole per il martellare continuo di certe battute.

Partito in forma il romanzo si è un po’ spento e incasinato con “elementi” forzati e anche poco credibili (vedi, per esempio, le donne che entrano ed escono dalla casa del commissario come in un salone per parrucchiera).

Io sono sempre dell’avviso che il troppo stroppia. Ma se piace così va bene lo stesso. Tra discreto e buono ma opto per il buono che la penna c’è.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it