Le belve di Don Winslow, Einaudi Stile Libero 2011.
Il primo capitolo promettente con un “Vaffanculo!” che è tutto un programma. Una lotta per il controllo della droga, un cartello, quello di Baja, contro due “lavoratori” in proprio: Ben e Chon. Nel mezzo, tra i maschietti, Ophelia, o meglio O, con orgasmi da tutte le parti, padre inesistente, madre incasinata (loro rapporto in chiave umoristica) in mille attività (anche istruttrice esistenziale per finire nelle braccia di Cristo).
Vediamoli un po’ questi due tipi. Naturalmente diversi, che Don sa come far fruttare i personaggi. Chon il violento (siamo violenti per natura), Ben il pacifista (siamo socialmente condizionati alla violenza).
Il primo entrato nell’esercito nelle forze speciali della marina e poi finito in Afghanistan, nessun legame d’affetto con i genitori. Il prototipo della forza fisica e del Vaffa. Il secondo un modello di ragazzo, invece, ha due genitori psicoanalisti che ama, Università a Berkeley e poi l’incontro con Chon e via la vita su binari diversi. Spaccio di droga, sì, ma anche sempre in giro in varie parti del mondo per opere di beneficenza. Un Catthista, ovvero un cattivo Buddista (dice lui), obiettivo fare del bene alle popolazioni più sfortunate, un po’ nauseato per l’inutilità della sua opera.
Insieme producono la migliore marijuana idroponica che attira l’attenzione del summenzionato cartello in lotta, tra l’altro, con altri cartelli ( breve storia di questa vera e propria guerra). I due sono costretti a venire a patti per amore di O, rapita e minacciata di morte (taglio della testa). Il capo del cartello di Baja è Elena Lauter, marito morto ammazzato, con tre figlie (mi pare), suo braccio destro Lado (freddo sin da ragazzo e rapporto duro con la moglie Delores), ex poliziotto antidroga, subito in azione a stendere un avvocato che non ha fatto il suo dovere.
Per liberare Ophelia Chon e Ben decidono di pagare venti milioni e di rubarne una parte proprio al cartello stesso attraverso spericolate e pericolose rapine, aiutati da Dennis “un pezzo grosso della task-force antidroga” e da un paio di esperti informatici.
Velocità, ritmo, diverse paginette a malapena intinte nell’inchiostro, ironia e umorismo che si mescolano a scene forti, amore, sesso e violenza con il desiderio, vano, di uscire da un modo di vita che pare senza sbocco: “Sono una passera inutile…Quando uscirò di qui…Userò la mia vita per fare qualcosa…Cosa?...Non ne ho la più pallida idea, cazzo” si sfoga Ophelia con il carceriere Esteban. Qualche frecciatina politica, il marcio nelle forze antidroga commiste con gli stessi cartelli, movimento, lotta, sparatorie, teste mozzate.
Un libro che si legge volentieri, fila via liscio che è un piacere e lascia dietro di sé tracce sinuose di buona scrittura insieme a qualche battuta facile facile. Il finale bello e struggente (ma perché mi pare nello stesso tempo quasi scontato?) con i tre che si ritrovano uniti in un’altra dimensione (quella vera?). Come belli, bellissimi selvaggi.
Un libro che mi ha incuriosito, attirato, invogliato a continuare la lettura (e non è poco) ma non colpito nel profondo. Dovrò rileggerlo.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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