Mi sono sempre meravigliato che Sheila Holmes, a modo suo, si sia innamorata di me. Di professione faccio il giornalista, e sono un uomo alto, emaciato, dall’aria famelica, sempre afflitto da un vorace desiderio di fatti nuovi ma concreti. Quest’ultima particolarità è forse strana in un giornalista, ma a me, a differenza di tanti miei colleghi, non piace lavorare di fantasia.

Per questo il mio redattore capo si fida di me. Se entrassi nel suo studio e gli dicessi che ho visto volare un elefante, non metterebbe, minimamente in dubbio, la mia parola.

Sheila l’ho conosciuta all’università. Fu durante una manifestazione di protesta contro la censura alla minigonna. Il governo inglese, a quell’epoca, aveva vietato le minigonne che arrivavano a coprire appena le mutandine. E la questione non era di carattere morale, come si sarebbe portati a pensare.

In realtà la minigonna favoriva l’evasione fiscale: il sistema di tassazione di allora prevedeva un’imposta indiretta sull’acquisto solo per gli abiti per adulti, considerando tali quelli di lunghezza superiore ai 24 pollici, esentandone quindi quelli per bambini. Le minigonne, pur essendo abiti per ragazze e donne adulte, con le loro lunghezze variabili tra i 13 e i 20 pollici, risultavano quindi nella fascia non tassata.

Da qui la guerra alla minigonna con la scusa dell’oltraggio al pudore.

Ricordo che Sheila era tra le più accanite contestatrici e se la notai fu anche per la sua estrema indecenza. Sotto la minigonna non indossava mutandine. Lascio a voi immaginarvela. Pensai che fosse la solita ragazza facile, un po’ oca. Mi dovetti immediatamente ricredere.

Frequentandola appresi che si era appena laureata in filosofia e che stava laureandosi anche in medicina. Con grande sorpresa appresi che era una pronipote di Sherlock Holmes e che era sua intenzione percorre le orme del suo avo.

Ora che Sheila è diventata una affermata investigatrice privata mi piace ricordare le sue prime avventure ed in particolare la prima.

Ricordo che anni or sono, in un caso di omicidio, all’apparenza complicato ed insolubile, Sheila Holmes diede prova della sua perspicacia e delle sue doti eccezionali. La stampa, benché informata in linea generale degli avvenimenti, non venne mai a conoscere l’intera storia del dramma che condusse alla morte del colpevole.

Se io ne posso parlare con cognizione di causa è proprio grazie al fatto che frequentavo Sheila Holmes.

In quel tempo Sheila Holmes era ai primordi della sua carriera. Da poco aveva finito gli studi universitari ed aveva deciso definitivamente di intraprendere la carriera del suo illustre avo, Sherlock Holmes.

Mi ricordo che mi disse:

- Potrei essere un buon medico, ma mi annoierei a morte.

Pochi della polizia la conoscevano e nessuno poteva intuire le sue rare abilità e, conseguentemente, apprezzare il suo straordinario valore. Alcune inchieste che si riferiscono ad un certo fatto l’avevano condotta una mattina di buon’ora verso la villa di madame De La Hire, una signora francese che aveva aperto un pensionato ai sobborghi di Londra.

Sheila doveva parlare col dottore della polizia scientifica. Era andata a cercarlo a casa, ma colà aveva saputo che il dottore era stato interrotto nella colazione dalla chiamata di un paziente.

Sheila lo aveva allora seguito nella casa del paziente ma lo aveva incontrato che tornava indietro. Si avviarono insieme, e passando davanti alla villa di madame De La Hire, videro una ragazza, dall’aspetto di una domestica, che usciva di corsa dalla porta di servizio.

Quasi subito un poliziotto uscì dalla stessa porta e vedendo la ragazza che correva freneticamente gridò a Sheila ed al suo compagno di fermarla. Sheila scattò veloce e la bloccò, afferrando per i polsi la ragazza, poi, facendola voltare, la costrinse a retrocedere.

- Ferma! Ferma! Qualunque cosa sia successa, non ci guadagnerai nulla scappando così.

Ma la ragazza si divincolava, singhiozzava pronunciando parole incoerenti.

- No... no... ho paura! Non voglio, signora. È terribile! Non posso fermarmi. qui.

Era una bella ragazza, snella e flessuosa, dai capelli rossi e con le lentiggini. Una tipica ragazza londinese. Gli occhi cupi, dall’espressione smarrita, denotavano la sua grande agitazione nervosa e una lacrima le solcava il viso.

- Che cos’è successo? - chiese il dottore al poliziotto. - Che cosa ha fatto la ragazza?

Il poliziotto, che riconobbe nel dottore il medico legale di Scotland Yard, rispose:

- Siamo in presenza di un assassinio. Ecco di che cosa si tratta, signore. Ho mandato a chiamare l’ispettore Barnaby, e certamente non permetto che nessuno esca di qui finché io non abbia messo la faccenda in mano al mio superiore.

E rivolgendosi alla ragazza che Sheila teneva saldamente le disse duramente: