Mentre l’omicidio della medium scatena un confuso ma sconvolgente ricordo nella mente di Stefano (qui siamo nel campo del famoso “particolare dimenticato” che fu cavallo di battaglia di Argento), don Paolo comincia a ricevere minacce di morte. L’assassino lo ha visto alla finestra e teme di essere riconosciuto. Di più, sembra conoscere qualcosa del suo passato estremamente pericoloso. Stefano trova comunque il tempo di riallacciare i rapporti con Sandra e, con la sua aria da intellettuale ingenuo, se la porta anche a letto. Trova tuttavia inquietante la figura della madre adottiva di lei che dipinge strani quadri, uno dei quali raffigura quel famoso delitto irrisolto ma senza fornire indizi. Eppure, nottetempo, qualcuno s’introduce nella cada dell’anziana donna, ruba il quadro e la uccide gettandola nientemeno che nel camino acceso! Una pessima fine è riservata anche al conte pedofilo, inchiodato con un’alabarda del suo museo, dopo essere stato abbandonato dal maggiordomo, ricchione per convenienza. Insomma la gente comincia a morire. Le minacce di morte e anche un attentato contro don Paolo proseguono. Sandra viene destata di notte da un ladro che sottrae la copia del quadro rubato alla matrigna.

Ormai Stefano è soggiogato dal mistero e, quando anche il medico muore travolto dalle eliche di un motoscafo, il giovane indirizza i suoi sospetti verso la ostetrica Nardi che, tra tutte le sue attività illecite, pare gestisca anche un giro di ricatti. Qualche ragione di sospettarla l’avrebbe. La scena in cui vediamo l’interazione tra la Nardi e il figlio demente (un colosso che alterna momenti di tenerezza a sfoghi di rabbia omicida, rivolti contro le bambole che poi sono le sue uniche compagne) è sufficientemente impressionate da condurre lo spettatore su tale strada. Il dettaglio poi che i messaggi minatori siano stati scritti da una macchina con un difetto sulla lettera T di proprietà della Nardi sembra rivelare a Stefano la chiave del mistero. Almeno sinché non trova la donna con la gola tagliata nella sua stessa casa. Non essendoci traccia del figlio folle, Stefano corre alla chiesa colto da un presentimento.

Qui trova il pazzo impegnato in una violenta colluttazione con don Paolo che, disperato, lo ferisce gravemente con un candeliere. Che non sia morto ha poco importanza. La polizia è già convinta di aver risolto tutto dando la colpa al “matto” probabilmente lui stesso complice e giustiziere della madre ricattatrice. In ogni modo il poveraccio, essendo appena in grado di articolare qualche grugnito, difficilmente potrebbe dare spiegazioni. Tutto sembra essere tornato alla normalità ma è proprio una frase fuori luogo (un dettaglio che dovrebbe essere sconosciuto a tutti se non al vero colpevole, errore abbastanza comune in questo genere di gialli) pronunciata da don Paolo che fa scattare la molla che libera i ricordi di Stefano. Assieme a questo anche il ritrovamento, sulle prime non sufficientemente considerato, di un breviario con le pagine strappate a casa della Nardi. Morale. L’assassino di dieci anni prima era don Paolo. Motivi non specificati ma la polizia trovò tra le mani della vittima alcune pagine di un breviario. Questo, sottratto a suo tempo dalla medium è servito per arma di ricatto. Fu la Nardi poi a ucciderla e a impadronirsi del breviario. Temendo di essere stava vista proprio da don Paolo cominciò a ricattarlo. Il prete, sempre più combattuto tra i sensi di colpa e la necessità di difendersi, ha eliminato tutti i partecipanti alle sedute spiritiche credendo di liberarsi del ricattatore. Ma adesso Stefano ricorda di aver assistito, bambino sconvolto, a quel delitto. Un trauma rimosso ma latente nel suo cervello. Di fronte alla verità don paolo impazzisce del tutto e si butta dal campanile della chiesa creando un filo rosso con analoghi finali di Non si sevizia un Paperino e Chi l’ha vista morire?

         

Rispetto ai film precedentemente esaminati, Solamente nero è forse meno autoriale, più commerciale. Mantiene, come dicevamo, però un suo carattere, un’originalità che trova espressione in particolare in alcuni passaggi, sequenze d’ambiente che ben si fondono con la vicenda e creano un’atmosfera decisamente intrigante.