Il giardino delle rose di Christianna Brand, Mondadori 2017.

“Estella Devigne è una diva del palcoscenico. La sua grande popolarità non le deriva tuttavia dal talento, ma dalla figlia Sweetheart, nata da una relazione turbolenta con un gangster che sta scontando una condanna in un carcere americano. La bambina, rimasta sciancata in seguito ai maltrattamenti da lui inflitti alla madre durante la gravidanza, vive nascosta in un angolo segreto del Galles, in una villetta con un giardino di rose.”

Grande successo ha il Diario, pubblicato a puntate sul “The Voice” dell’amico giornalista Johnny Smith, dove Estella riporta i pensieri e le poesie della figlia, scritte in realtà dalla segretaria Bunny Paul. Diario letto addirittura dal padre Al (figlioccio di Al Capone) che ora sta per arrivare con l’amico Elk Moose. “Lo hanno rilasciato prima del tempo a causa del cuore. E prima di morire vuole vedere Sweetheart.” Se ne prospettano delle belle, insieme al viaggio esilarante dei due tra strade affollate di animali (mucche, greggi, coppie di agnellini). Comunque il fatto grave è che Sweethearet non c’è più. E’ scomparsa.

Caso complesso per l’ispettore Chucky” bel fisico, asciutto, dritto come un fuso, lo sguardo altero di un pastore dell’epoca vittoriana, intelligenza e spirito in parti uguali…” Anche perché di lì a poco Al defunge per un attacco di cuore e la sua guardia del corpo è colpita a morte. Chi l’ha uccisa?

Caso complesso, dicevo, e storia complessa con Sweethear che sparisce, sembra ricomparire (qualcuno l’ha vista da lontano con il suo vestito rosso), forse è stata nascosta, esiste o non esiste?, tutto inventato? Mille domande e ripensamenti per l’ispettore. E un giardino di rose che crea disagio “Passando accanto all’aiuola di rose Sweetheart in fiore, sentì qualcosa di strano in fondo all’animo, qualcosa che non riuscì a captare.” Già le rose…

Un plot di avvenimenti concitati, di situazioni con “colori” diversi, dall’ironico al farsesco, dall’orrifico all’intrigo, ai colpi d’effetto.  Che può entusiasmare o abbattere.

All’interno il racconto La mia ultima estate di Maurizio Polimeni.

1999. In prima persona da Bea, quarto anno di liceo. Sua passione le foto e la scrittura. Lui, e poi l’altro. L’ultima foto prima di essere gettata, moribonda, in un cassonetto. Lui che la uccide e l’altro che cerca il colpevole. Una traccia: ferrocianuro di potassio. Ci siamo.

Toccante.