Il nostro scrittore involontario di gialli è Ivan Putilin, capo della polizia russa che scrive le sue memorie dal 1866 al 1889 premurosamente date alle stampe, in minima parte, dalla Sellerio nel 2003. Trattasi di un libriccino di 117 pagine dalla grezza copertina marrone in cui campeggia un olio su tela di un certo Ilia Repin che potrebbe rappresentare benissimo il nostro capo investigativo della città di Pietroburgo. Il quale, come ci fa sapere Rosa Mauro nell’introduzione, “era definito dai suoi contemporanei lo Sherlock Holmes russo”. Tanto per sottolineare ancora una volta la popolarità dell’investigatore per antonomasia. Comunque, dicevo, il vino buono spesso si trova nelle botti piccole. Soprattutto se è stato in precedenza consigliato da due ottimi assaggiatori come Emanuela Audisio e Beniamino Placido. Si tratta di tre brevi racconti. Nel primo Una folle vendetta il classico cameriere trova il cadavere di un signore nella sua stanza d’albergo. La descrizione è fotografica. Niente viene lasciato alla retorica “Il morto giaceva sul letto. Senza stivali, in calzini di seta nera, tutto sbottonato e seminudo, stramazzato su cuscini e lenzuola impregnati di sangue. Le braccia erano allargate e le dita, piccole e pelose, serrate a pugno. La testa era rovesciata, il collo mostrava una ferita ampia e profonda e il viso, coperto da uno spesso strato di sangue per i ripetuti colpi di coltello, non si riusciva a distinguere”. Non si tratta di un omicidio a scopo di furto ma di una vendetta. Putilin, con l’aiuto del suo braccio destro l’agente Z., riesce a sbrogliare la matassa con pazienza e un po’ di fortuna. Nel secondo La beneficenza non ci sono cadaveri di sorta ma una serie di truffe a danno di preti. Il caso viene risolto con un trucco che è un classico. Nella cella dove è stata rinchiusa Antipova, l’amante del furfante che non vuole confessare, viene introdotta  l’agente Fedorova nelle vesti di una delinquente. La quale, conquistata la fiducia della “coinquilina”, riesce a fuggire insieme a lei e a farsi portare nel luogo dove è stato nascosto il denaro. Infine Il terribile caso della bella omicida prova che anche un esperto come Putilin può sbagliare. Nel mese di giugno 1867, di mattina presto, vengono trovati assassinati in una casa con un ferro da stiro un uomo, sua moglie, il figlio e la cameriera. Il delitto è stato compiuto a scopo di rapina perché tutti i cassetti sono stati svuotati. Vengono sospettati e arrestati l’ex cuoca Anfisa che è stata cacciata via con il figlio ed il portinaio. Sono anche processati ma assolti a causa delle prove troppo labili. Ancora una volta il mistero si risolve con un colpo della dea bendata e l’orecchio vispo del nuovo braccio destro di Putilin che assiste ad un colloquio fra alcuni giovanotti. Essi parlano di una certa contadina il cui marito ostenta un orologio d’oro di dubbia provenienza. Da qui iniziano le ricerche che portano a smascherare il colpevole. 

Si tratta di tre racconti che hanno in comune la capacità di farti riappacificare con la parola. Narrati in modo tale cioè che l’esposizione si adatta al contenuto pari pari senza forzature di sorta. Putilin descrive, annota, registra senza mettere una virgola in più o in meno. Un esempio di pulizia retorica  da consigliare ai giovani aspiranti scrittori di gialli. Un vero e proprio sospiro di sollievo rispetto alle quintalate di carta che ci stanno piovendo addosso!

Ivan Pulitin "Memorie del capo della polizia di San Pietroburgo", Sellerio 2005.

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it