A quindici anni venne espulsa dalle scuole Normali una studentessa di Voghera. L’imputazione era grave: aveva scritto un racconto, da censura per i temi neri e ritenuti all’epoca scabrosi, dal titolo Amore e morte. Quella giovane era Carolina Maria Margaritta Invernizio (Voghera, 1851 – Cuneo 1916) destinata a diventare la regina del romanzo d’appendice in Italia. Quell’espulsione fu in un certo senso foriera di importanti decisioni da parte della ragazza che anziché sentirsi scoraggiata e avvilita dallo scandalo, proseguì con maggiore tenacia.

Nel 1877 riuscì a far pubblicare Rina, o l'angelo delle Alpi, il suo primo romanzo, presso l'editore fiorentino Salani, per il quale scrisse, in una carriera durata quarant'anni, 123 libri.

La Invernizio divenne così l’autrice più letta di storie la cui ambientazione evocava quella dei romanzi gotici, diffusi in Inghilterra nella seconda metà del Settecento.

Snobbata dalla critica, era però molto amata dai lettori. Questi  vedevano nei suoi romanzi, che narravano di delitti efferati e rancori mai sopiti, lo specchio delle paure e dei timori di un futuro... nero. Per questo motivo, Invernizio è stata definita, forse con un po’ troppa crudeltà, "onesta gallina della letteratura popolare", o la "Carolina in servizio" (in riferimento a una specifica categoria di appassionate lettrici: le donne di servizio) o ancora la "conigliesca creatrice di mondi". I critici del tempo non avevano usato mezzi termini, additandola come una reazionaria e inconsapevole razzista, rappresentante di una classe politicamente poco corretta. Ma Carolina soleva dire ai giornalisti che la intervistavano, che poco le interessava se i critici stroncavano i suoi lavori, se poi le loro mogli, di nascosto, leggevano e amavano i suoi romanzi!

Certo, l’impianto narrativo era solitamente centrato su storie non sempre verosimili, con situazioni talvolta al limite dell'horror. Resta tuttavia un pregio che non pochi, persino Umberto Eco, le hanno riconosciuto: è stata

la Invernizio a portare il giallo al grande pubblico italiano. Un giallo ancora in fieri, e con una forte componente sociale, e addirittura fonte di scandalo, per lei, donna borghese di buona famiglia che il Vaticano aveva messo all’indice. Per il contenuto scabroso dei suoi soggetti letterari, infatti, fu censurata dalla Chiesa.

Da alcuni suoi racconti Enrico Vidali trasse dei film all'epoca del muto. Nel 1969 l'attore Paolo Poli ha realizzato uno spettacolo sulla figura di Carolina Invernizio, mentre nel 1975 lo sceneggiatore e regista Ugo Gregoretti ha scritto e diretto uno sceneggiato televisivo ispirato a uno dei romanzi più celebri della Invernizio, I ladri dell'onore, intitolato Romanzo popolare. I ladri dell'onore, con Gigi Proietti come interprete principale. Ai posteri l’ardua sentenza, dunque.