In quest’opera troviamo una commissione di generi, dall’avventura esotica, al mystery alla storia di maledizioni che ci chiariscono quanto il romanzo poliziesco inglese classico sia legato al concetto che, se una spiegazione logica e le ferree deduzioni degli investigatori siano imprescindibili, aleggi sempre un’immanente senso del fantastico. L’idea che maledizioni e fantasmi siano, alla fine, elementi se non reali almeno suggestioni sempre presenti nella vita dei personaggi.Tra il romanzo e lo sceneggiato ci sono alcune differenze, non ultima la figura dell’ispettore Cuff che, inizialmente è presentato come un individuo pieno di sé e prende una cantonata dietro l’altra creando anche i presupposti per alcuni avvenimenti drammatici. Nello sceneggiato Cuff ha un carattere più condiscendente, pacato, si pone con intelligenza tra gli altri personaggi che, spinto dalla passione, spesso prendono strade estreme e pericolose. Merito ancora una volta dell’adattamento di Fruttero e Lucentini che, evidentemente, tenevano a realizzare un prodotto televisivo per tutti (l’aspetto romantico, un po’ fuori moda oggi, è piuttosto marcato) ma intendevano svolgere una tesi sull’origine del Mystery.

         

La pietra di Luna è un fantastico diamante del valore di ventimila sterline con una sola piccola imperfezione che gli conferisce un riflesso dorato e che, tagliato, potrebbe raggiungere il valore di cinquantamila sterline. Un malloppo in grado di accendere la cupidigia di chiunque e, durante il compleanno della giovane Rebecca Verinder, i possibili ladri non mancano certo. Esiste anche una maledizione che accompagna il gioiello e gli conferisce una fama sinistra. Lo sceneggiato, infatti, si apre, pur con i mezzi ristretti per le produzioni d’epoca, con una fase del tutto avventurosa. Quella che rispecchia la presa della città stato di Seringapatam durante la rivolta dei Sephay, nel 1857. Qui vediamo un ufficiale inglese (John Hernacastle nel romanzo per semplicità chiamato Verinder anche nello sceneggiato) macchiarsi di un infamante delitto. Approfittando della battaglia penetra in un tempio e trucida tre bramini rubando il famigerato diamante dalla fronte di una statua votiva. Sorpreso da un collega, verrebbe denunciato per saccheggio se le fasi della battaglia non eliminassero il pericoloso testimone. Il ladro, tuttavia, viene allontanato con infamia dall’esercito inglese a causa dei sospetti che ancora aleggiano su di lui. Della misteriosa pietra di luna, il cui furto induce la malasorte, non si sa più nulla.

Nello sceneggiato il ladro è più strettamente imparentato con i Verinder che lo considerano la pecora nera della famiglia, in particolare la sorella, lady Giulia, una donna già sofferente di cuore cui, anche da morto Herncastle sembra voler giocare un ultimo malvagio tiro. Ha lasciato infatti lascito che la pietra di luna, finora custodita nei forzieri di una banca londinese, sia offerta in omaggio alla figlia di lady Giulia, Rebecca, per il suo ventunesimo compleanno. Incaricato di questa delicata e pericolosa missione (sono sempre presenti sulla scena tre inquietanti braminiche seguono passo passo la pietra si dal suo furto) è Franklin Blake, cugino di Rebecca nonché suo spasimante ricambiato e probabile sposo. Esaurita la fase, diciamo, “avventurosa” della storia, la vicenda comincia in media res, due anni dopo gli sconvolgenti fatti seguiti a quello che intuiamo essere stato il furto della pietra di luna.

Cuff, l’ispettore incaricato delle indagini, è ormai in pensione, in Scozia, e si occupa delle sue amate rose con il cruccio di non aver risolto l’ultimo caso della sua carriera. Proprio da lui arriva Franklin, di ritorno in Inghilterra dopo un viaggio per l’Europa che non lo ha allontanato dal dispiacere della rottura con Rebecca e dall’amarezza di essere sospettato del furto. Sembra che il ritrovamento di una vecchia cassa da marinaio in un a sabbia mobile nota come il Pozzo del diavolo, abbia aperto una nuova pista per la risoluzione del caso. Qui lo spettatore è preso un po’ di contropiede. Ci penserà il vecchio e simpatico maggiordomo Betterdge (con il viso di Andrea Checchi) a rievocare la vicenda attraverso la lettura del suo diario, redatta con abilità di narratore consumato come non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di un cultore di Daniel Defoe, autore di Robinson Crusoe (in pratica un gioco di rimandi letterari che impreziosiscono il racconto).