La misura dell’uomo di Marco Malvaldi, Giunti 2019.
Me lo sono fatto regalare dalla mia figlia Claudia per Natale (a Riccardo ho chiesto Da molto lontano di Roberto Costantini). Giudizi contrastanti in internet. Da 5 stelle a 1. Succede sempre così. Quando uno scrittore passa ad un tipo di narrazione diversa dalle precedenti “sconvolge” un po’ gli abituali lettori.
Qua siamo nella Milano del 1493 alla corte di Ludovico il Moro. Siamo, cioè, in quel nutrito gruppo di gialli storici in cui gli autori italiani hanno dimostrato da tempo la loro bella competenza. Il momento è particolarmente complesso e interessante “Firenze è ancora in lutto per la morte di Lorenzo il Magnifico. Le caravelle di Colombo hanno dischiuso gli orizzonti del Nuovo Mondo”, Carlo VIII ha mandato proprio a Milano due ambasciatori per avere sostegno nella guerra contro gli Aragonesi e per controllare Leonardo da Vinci che sta progettando cose inaudite.
Parte storica ok, sia per il quadro complessivo che per l’uso di un linguaggio agile, aperto, ricco di humour, una specie di alta “chiacchierata” con il lettore come con un vecchio amico, espressa attraverso una miscela di garbo e sapienza. Il Malvaldone si diverte da pazzi a infilarsi tra un discorso e l’altro dei personaggi, offrendo uno spunto ironico sulla persona che parla o su certe caratteristiche peculiari della società del tempo. Rivolgendosi, talvolta, allo stesso lettore per dire ma guarda un po’ a cosa credevano questi uomini del Quattrocento!
E di personaggi ce ne sono a iosa. A partire dal citato, mitico Leonardo da Vinci che si trova proprio a Milano al servizio di Ludovico Maria Sforza detto il Moro. Ritratto in tutte le possibili sfaccettature, a partire dall’aspetto fino alle sue molteplici, geniali attività. E’ lì con la madre Caterina e un garzone soprattutto per portare a termine un colossale monumento equestre dedicato a Francesco Sforza, padre di Ludovico. Mentre è intento, dicevo, a svolgere mille altre attività tra le quali una certo non prevista: quella di abile investigatore.
Il morto arriva a pagina settantotto all’interno del castello nel cortile “noto come Palazzo delle armi” e non si sa bene, all’inizio, di che accidente sia defunto. Forse addirittura a causa di quella, ovvero della peste che mette paura solo a nominarla. Comunque dall’esterno sembra proprio “una malattia che non si è mai vista.” Urge qualcuno che dia uno sguardo anche all’interno di quel corpo e chi, meglio del nostro Leonardo? Soffocamento è la sua diagnosi, un soffocamento particolare che non lascia segni di fuori. Trattasi di un falsario che aveva chiesto udienza al duca il giorno prima. Perché ucciderlo? Perché lasciarlo proprio in quel luogo? Quale messaggio può rappresentare?…
Squarci sulla città di Milano manifatturiera per eccellenza, la musica, le spie, il denaro, la banca, le lettere di credito, il metallo trasformato in oro, i cannoni, le gabelle, la tassa sul sale, le donne e gli uomini, tradimenti amorosi, discussioni su Dio e noi, personaggi che entrano ed escono dalle pagine con le loro concrete caratteristiche, il mistero del delitto che, pian piano, viene svelato. Insomma realtà storica e invenzione a braccetto come due spensierati compagni di viaggio.
Cambio di prospettiva, sottolineavo all’inizio, ma il Malvaldi del “BarLume” rimane sempre lo stesso anche in un campo ben diverso dal solito. Documentato sì, e allo stesso tempo agile, sicuro, veloce, ironico e autoironico. Come dimostra il finale dove si prende candidamente in giro. Un gradevole ripasso della nostra storia con delitto incorporato. Anche se la parte “gialla” lascia un po’ a desiderare.
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