Dopo tante adulazioni, sviolinate, inchini, salamelecchi, strizzatine d’occhio, baciamani, sembra che qualcosa stia cambiando nella critica o nella semplice recensione della letteratura gialla. Incominciano a farsi sempre più numerose le osservazioni (seppur lievi come muover di foglia), i distinguo, i però, i ma, i forse, i troppo che non avevano mai (o quasi mai) visto la luce. Me sto accorgendo sfogliando le solite riviste dedicate al settore. Affogati in una marea di bello, bravo, bis ecco sbocciare le prime perplessità, ecco tirate le prime timide frecciatine. Ve ne porto qualche esempio senza far il nome dell’autore e del libro: “…forse difetta in colpi di scena, che nel thriller dovrebbero essere sempre una costante”, “l’avvio…si perde nelle descrizioni dell’isola. Manca un po’ d’azione, insomma…”, “Naturalmente alla fine troverà l’improbabile bandolo della matassa, purtroppo l’unica caduta di stile di questo libro per il resto agile e snello”, “Godibile ma il noir è un’altra cosa…visti i nomi in ballo ci aspettavamo molto di più”, “In mente resta ben poco e durante la lettura ci si sente spersi in un universo di parole”, “Si fatica infatti a farsi catturare da questo thriller, nelle attese frenetico…”, “Il risultato è piuttosto incolore, mai cattura e neppure incuriosisce, tanto da non sembrare neppure opera dell’autrice”, “L’approccio potrebbe essere interessante ma la forma rispecchia quella di molti romanzi contemporanei, troppa tecnica e poco cuore…”, “…lo svolgimento troppo concede alle regole ferree (ma un tantino usurate) del successo a ogni costo…”, “…il tutto si mescola bene ma con qualche stereotipo di troppo, soprattutto dal lato sentimentale, decisamente carico”, “Peccato che qualche velleità di troppo impedisca a…di essere quel gran bel romanzo che pure, talora, si riesce a intravedere”, “Nonostante qualche peccato di “bravura” (come un certo compiacimento nell’aggettivazione e un gusto forse un po’ manierato per l’aforisma liricheggiante) appesantisca un po’ il discorso…”. Per non rimanere affogati in un momento di alta marea giallistica come questo occorre maggiore coraggio. E’ ora, insomma, per esser chiari, di dire pane al pane e vino al vino. Fortunatamente c’è già qualcuno che lo dice. Per esempio Massimo Carloni nella sua rubrica L’Altro Noir in Thriller Magazine. E dà anche i voti. Dall’uno al dieci senza tanti problemi. Bravo Carloni. Dieci. E aggiungo la lode.

Assassini pure durante la guerra. Come se non bastassero i morti sui campi di battaglia. Ma all’assassino gliene frega assai. Lui svolge il suo lavoro infischiandosene di che cosa gli succede intorno. Ha i suoi problemi da sbrogliare. E se c’è l’assassino ci deve essere anche chi cerca di mettergli le manette. Come in La Venere di Salò di Ben Pastor pubblicata dalla Hobby and Work. Qui c’è Martin Bora, colonnello della Wehrmacht in Italia. Sì, perché siamo nell’ottobre del 1944 sul lago di Garda e la guerra sta per finire. Ma non c’è solo la guerra. C’è un dipinto di Tiziano “La Venere di Salò” che sparisce e ci sono tre belle donne solo all’apparenza suicide. Bora si deve dare da fare per mantenersi fedele alla Germania, mantenere intatta la sua onestà, sfuggire dalle grinfie della Gestapo ecc…

Se si vuole, invece, rivivere l’atmosfera della Germania nazista alla vigilia delle Olimpiadi del 1936 allora si deve mettere mano al portafoglio per acquistare Violette di marzo di Philip Kerr pubblicato dalla Passigli. Qui abbiamo il detective privato Bernie Gunther, veterano della Grande Guerra ed ex poliziotto, che se la deve vedere con la scomparsa della figlia di un  grande (ricco) industriale. Una specie di Marlowe europeo un po’ più filosofo che fuma le Muratti (ricordi di una passata gioventù. Chi fumava le Muratti aveva nel gruppo di noi ragazzi un certo ascendente) al posto delle Chesterfield. E se il libro vi piace  buttatevi pure sopra Il criminale pallido e Requiem tedesco dello stesso autore e della stessa casa editrice.

E a proposito di detective. Chi dice che per un giallo che si rispetti occorre che ci sia la sua figura si sbaglia di grosso. Vedere l’ultimo libro di Carlo Fruttero Donne informate sui fatti pubblicato dalla Mondadori dove non si trova l’ombra di un piedipiatti. Ci sono, invece, otto donne di diversa provenienza sociale che dicono la loro sulla morte di Milena, giovane rumena ex prostituta sposatasi in seguito con un sessantenne piuttosto agiato. E se si mettono insieme otto donne e si fanno parlare non c’è investigatore che tenga.

Non vi bastava Aristotele? Ora c’è anche Kant a sbrogliare matasse sanguinose. Con un Malloppone ma un Malloppone…Sto zitto che già avete capito.

Stanno ripubblicando Carolina Invernizio. Ciò mi riporta ai tempi della pietra levigata quando ero ragazzino e mi buttavo a corpo morto sul “camioncino” della cultura popolare che veniva periodicamente al mio paese per vedere di sviare la nostra attenzione, almeno per un attimo, dal solito gioco a pallone. E qui trovavo pane per la mia sfrenata fantasia. E tra coloro che me la eccitavano ancora di più c’era proprio la “gallina della letteratura popolare” che a me francamente sembrava una dea. Una dea tenebrosa perché con le sue storie di delitti e di intrighi un po’ di paura me la faceva davvero. Anche se alla fine tiravo un sospiro di sollievo con la scoperta e la punizione dei colpevoli. E poi c’erano quelle poliziotte dilettanti, in un momento assai maschilista, che mi incuriosivano ancor più. Da una parte le ammiravo e dall’altra quasi mi facevano rabbia. Anche io ero impregnato dell’atmosfera del tempo. E poi c’erano…ma sì c’erano quelle giovinette implumi concupite da maschiacci di ogni età che…che…insomma mi conturbavano. A stare ad un critico dei nostri giorni i suoi romanzi sono “tutti di un’illeggibilità senza ombre”. Sarà pur vero ma nella realtà sono stati letti tutti. Ma proprio tutti tutti. E da parecchi. Ma da parecchi parecchi.

Il Capo non vuole che io parli di Sherlock Magazine numero 7 (una questione di stile, puntualizza) ma io ve lo dico lo stesso sottovoce per non farmi sentire. E’ un Leggero di Peso, cioè di qualità. Fatevi un bel regalo a Natale. Tra l’altro potete conoscere il volto del Capo. In terza pagina c’è un disegno e se non vi basta questo in quinta c’è pure una fotografia. Lo stesso discorso vale per Dizionoir. E’ più massiccio, è vero, ma tutta roba buona. Comunque SSSSSSSSSS Passate parola…