Un giallo psicologico. Con tutti i vantaggi e svantaggi che esso comporta. D’altra parte se il classico giallo ad enigma può raggiungere vette cervellotiche sesquipedali, se il noir più truculento si riduce spesso a schizzi di sangue e sperma spruzzati dappertutto, quello psicologico può davvero diventare un vero tormento sulla psiche del lettore stesso che ad un certo punto è libero di buttar fuori un perentorio ”Basta! Non ne posso più!”. Non è il caso di Il sangue versato di Asa Larsson, Marsilio editore 2007. Che si legge tutto d’un fiato. Anche se è un malloppone di quasi quattrocento pagine. E voi sapete che cosa ne penso dei mallopponi. Protagoniste principali l’avvocato fiscalista Rebecka Martinsson e l’ispettrice di polizia Anna Maria Mella. La prima, single, in fase di esaurimento nervoso per avere ucciso (legittima difesa) tre uomini a Kiruna (siamo in Svezia, mi pare); la seconda, forte ed energica, sposata con quattro figli. La trama, che parte dall’uccisione del pastore Mildred Nilsson (e di cui volutamente non svelerò altro), ha valore fino ad un certo punto. Nel senso che vale, soprattutto, in quanto fornisce all’autrice il destro per entrare nel profondo dei personaggi, svelarne i piccoli-grandi segreti, i loro slanci, le loro manie, le loro paure, le loro debolezze. Rebecka presa e tormentata dai ricordi più o meno recenti, soprattutto della mamma, del babbo (alla toscana) e della nonna, vive quasi in una specie di torpore, di semi-incoscienza, da cui ogni tanto viene fuori lavorando, dandosi da fare, spingendo forte sul fisico. Anna Maria Mella, tutta concentrata nella vita familiare e di lavoro, sembra rappresentare l’altro aspetto della realtà. Quella faticosa e concreta di tutti i giorni.

Ma il personaggio principale del libro, quello intorno al quale ruota tutta la vicenda, non sono né Rebecka né Anna Maria. E’ Mildred. Sposata e lesbica. Ovvero il “fantasma” di Mildred che aleggia praticamente su quasi tutti i personaggi mettendone a nudo i lati più deboli, più delicati, più brutti, più umani. Mildred che in vita, con il suo comportamento, ha scatenato nel piccolo paese in cui vive una serie di reazioni contrastanti: dall’odio viscerale alla venerazione. Mildred è la chiave di volta dell’autrice per scavare a fondo negli animi e portare alla luce tutto ciò che è nascosto. Storie che si intrecciano con altre storie con una istintiva naturalezza. Passato e presente che si uniscono e si staccano in continuazione. Un tono basso, quasi monotono a segnare la vita che scorre. Una prosa secca, asciutta, essenziale con quel minimo di ricchezza indispensabile (ad essere pignoli qualche svolazzo psicologico di troppo) per disegnare la complessità degli inconsci. E poi l’ambiente, il paesaggio, quei boschi, quei cieli, quegli spazi immensi, quel profondo silenzio della natura che sembra fatto apposta per ascoltare le voci più intime dell’animo. Infine la storia di una lupa, Zampe Gialle che viene scacciata dal branco e che lotta duramente per la sopravvivenza. Come il simbolo della vita stessa di ognuno di noi. Leggetelo. Sono sicuro che vi piacerà.

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