La briscola in cinque di Marco Malvaldi, Sellerio 2007.

“La rivalsa dei pensionati. Da un cassonetto dell’immondizia in un parcheggio periferico, sporge il cadavere di una ragazza giovanissima. Siamo in un paese della costa intorno a Livorno, l’immaginaria Pineta, “diventata località balneare di moda a tutti gli effetti, e quindi

la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l’architettura del paese: dove c’era il bar con le bocce hanno messo un discopub all’aperto, in pineta al posto del parco giochi per i nipoti si è materializzato una palestra da body-building all’aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere per le moto”. L’omicidio ha l’ovvio aspetto di un brutto affare tra droga e sesso, anche a causa della licenziosa condotta che teneva la vittima, viziata figlia di buona famiglia. E i sospetti cadono su due amici della ragazzina nel giro delle discoteche. Ma caso vuole che, per amor di maldicenze e per ammazzare il tempo, sul delitto cominci a chiacchierare, discutere, contendere, litigare e infine indagare il gruppo dei vecchietti del Bar Lume e il suo barista. In realtà è quest’ultimo il vero svogliato investigatore…”

Come avete capito si tratta di un giallo ambientato in Toscana e scritto in parte in toscano. E come vi ho già spiegato nella satiretta numero cinque sulla recensione il critico (si fa per dire) è condizionato da certi fattori che possono influire sul suo giudizio. Bene, per quanto mi riguarda non mi è nato un figlio, non ho avuto una grossa vincita alle scommesse (difficile perché non scommetto), la suocera sta sempre bene anche se con un inizio di Alzheimer, non ho perduto la partita tra segaioli e ammogliati e non sono stato colpito da un attacco di prostata spisciolando extrawater. Insomma niente elementi esterni, già citati nella satiretta, che mi hanno condizionato in positivo o negativo. Solo un elemento interno può giocare un brutto scherzo alla neutralità. La mia istintiva simpatia per gli scrittori toscani. E Marco Malvaldi è nato a Pisa. Quindi toscano. Ergo simpatico a prescindere.

Detto questo, per onor di correttezza verso i lettori, il libro mi è piaciuto. Un libro semplice, schietto, con personaggi vivi e reali, facilmente riconoscibili in qualsiasi borgo toscano: Ampelio Viviani di anni 82, Gino Rimediotti di anni 75, Pilade Del Tacca di anni 74, Aldo del ristorante “Boccaccio” senza espressa età (così mi sembra) e Massimo il barista sulla trentina costituiscono il nucleo principale della vicenda insieme ad altri messi in risalto con pochi tocchi efficaci.

Personaggio principale, dunque, Massimo diviso dalla moglie che gli ha fatto le corna, ha frequentato l’Università e dimostra di conoscere diversi scrittori e personaggi. Citati Miss Marple, Wodehouse, Kazuo Ishiguro, Agatha Christie, Nero Wolfe, Poirot e Kurt Gödel (e magari altri che mi sfuggono). Un barista un po’ “sui generis” dal punto di vista della cultura ma non del tutto improbabile.

Attraverso i loro discorsi, le loro baruffe, i loro battibecchi in un toscano accessibile viene fuori il volto di una piccola società con le sue manie, i suoi pregiudizi, i suoi istinti. E poi lo stile, ora garbato ora incisivo e popolare al momento giusto, con una buona dose di affettuosa presa in giro caratteristica peculiare delle nostre parti. Chiusura tipica del giallo classico con il barista che alla fine ci spiega tutto l’ambaraban (esiste?) della vicenda.

Insomma che vi devo di’. Lo ripeto. A me m’è garbato. Se a voi un vi garba tiratemelo pure dietro. Anche chi scrive quarche rischio lo deve corre’.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it