Mario, con la fronte imperlata di sudore, fa un sospiro per lo scampato pericolo, si alza, con noncuranza si rimette la giacca, ritorna a sedere alla sua scrivania;  socchiude gli occhi, si passa le dita fra i capelli, lisciandoli dietro la nuca; è un gesto che compie sovente quando si rilassa, una sorta di rito che gli procura benessere. Fra neanche mezzora termina il turno, uscirà finalmente all’aria  aperta.

Giornata lunghissima, intensa, pesante; le emozioni non perdonano. Anche all’ultimo, la mano già sulla maniglia della porta d’ingresso: Cristina gli chiede un passaggio in macchina; stasera va a casa del fratello che abita vicino ai genitori di Mario. Lo guarda con occhi dolci, passa tutte e due le mani sotto il braccio di lui e gli si stringe al fianco. Sta per ri-provarci? Alt, buona, buona. Un anno fa lui ci stette da cani; per fortuna durò pochissimo e dovette ammettere che era stata un’illusione tutta sua.

“No, mi dispiace, stasera non vado dai miei, ho un appuntamento fuori Firenze.” Una balla, ecco, una balla che a Cristina congela il sorriso sulle labbra; non l’ha bevuta, si stacca dal braccio di lui e si allontana in silenzio un po’ delusa. Mario assapora quella piccola vendetta, sale in macchina e parte.

 

Ma porca puttana! Accidentaccio... un coglione fresco di patente, di sicuro. Ok, io ero distratto, ma quel cretino ha inchiodato all’improvviso... il semaforo era giallo, prende velocità e poi si  ferma di botto; non si fa così,  accidenti a te. E ora? Va bene, è colpa mia, va bene la mia BMW ci è andata pesante sulla tua Seicento nuova fiammante,  ma calma, calma,  un’ammaccatura sul paraurti non è la fine del mondo, non è una tragedia. L’assicurazione rimborserà i danni. E’ una seccatura, lo so, ma nulla di più.  Ehi, calma.

L’altro  reagisce con offese e violenza verbale esagerata, sta per aggredirlo, qualcuno interviene. Mario non risponde alle provocazioni, sembra padrone dei suoi nervi: in realtà si rende conto che deve mettere le mani in tasca e serrare i pugni fino a farsi male per non avventarsi al collo di quel forsennato, e stringere, stringere forte fino a farlo smettere definitivamente di urlare.

Come? Lui, un anonimo impiegato delle poste, capace di uccidere?  Gli viene da sorridere. Però... però, diventerebbe finalmente qualcuno, sì, diventerebbe qualcuno, QUALCUNO, soprattutto se il delitto non è banale, se colpisce l'immaginazione, se i media se ne impadroniscono. Altro che portafogli e occhiali, piccoli esperimenti per provare a se stesso di esistere, senza la gratificazione di poter dire “sono stato io”. ;Via, basta Mario, smetti di pensarci.

 

 

Un verme schifoso, ecco cosa sono. Prendermela con quella disgraziata come il peggiore dei vigliacchi. E’ vero, avevo bisogno di sfogare la rabbia, di cancellare le idee balorde che mi frullavano in testa, con un po’ di sesso senza complicazioni, ma non c’era nessun bisogno di essere così brutale, così violento. E quando lei ha tentato di protestare: “mi fai male”, con una voce esile e spaventata, ho preso a schiaffeggiarla più volte, e così forte da lasciarle il segno.

Ho visto la paura nei suoi occhi chiari che si sono riempiti di lacrime e allora, non so perché, le ho fatto una carezza rapida, impacciata, quasi meccanica, senza guardarla in viso. Poi ho vuotato il portafogli: più di 150 euro, una cifra esagerata. Ha detto “grazie, grazie”, come se fossi stato un benefattore, mentre aveva le cinque dita della mia mano stampate sulla faccia.

Allora mi sono sentito ancora peggio. L’ho riaccompagnata sul viale, dove l’avevo fatta salire; è scesa di corsa e sono ripartito sgasando.

Congratulazioni! Ci vuole un bel coraggio per picchiare una poveraccia che non si può difendere, nascosto in un angolo buio, al sicuro, dentro la tua bella macchina. E’ questo l’uomo che vuoi essere? Mai più violenze, capito? Mai più.

 

 

                                                          

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“Così, ferma così, ci siamo, ancora un po’ di... pazienza... fatto. Vuoi disinfettarti?”

“No, no, grazie, non è nulla. Caso mai lo faccio a casa.”

Mario osserva Stefania. Da qualche tempo è diversa, più docile, disponibile al dialogo, meno  supponente, un po’sciupata; oggi è scivolata sul pavimento bagnato e  appoggiandosi alla ringhiera di legno  s’è conficcata una minuscola scheggia  in una mano. Mario aveva appena finito il suo turno allo sportello (ogni tanto anche a lui tocca di stare al pubblico) e lei gli ha chiesto aiuto per  toglierla, ché le faceva male e da sé non c’era riuscita.