Con Errore di prospettiva di Luigi Guicciardi, Hobby and Work 2008, arriva il commissario Giovanni Cataldo di Modena (in realtà un siciliano sui generis alto e biondo) che si aggiunge alla schiera dei “tristi” (cfr. Tristezza, dolore e sorriso nel moderno romanzo poliziesco in http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/3057/  di me medesimo) e sull’idea di tristezza leggere l’articolo altrimenti che l’ho citato a fare.

Laureato in scienze politiche e specializzato in criminologia, sposato con Irene alle prese con la prima supplenza e non mi pare un matrimonio che funziona (diciamo pure in crisi). Mangia spesso da solo, anche uova e un po’ di salsiccia, panini e birra, o va alla Trattoria Pascoli. Fuma sigarette, per vestirsi bastano i jeans e una camicia di flanella, sopra il loden verde. Di poche pretese, insomma.

Ora ottimista, ora pessimista, ora in preda ad un “senso strano di scoramento”, ora depresso, con la testa vuota, ora indeciso o colpito da una stanchezza nervosa fatta “di un briciolo d’ansia e di inquietudine”. All’occorrenza tosto e implacabile. Con alti e bassi tipici di una personalità sensibile e complessa.

Una  fitta alla tempia è il segnale di una nevralgia, affiorano ricordi poetici delle scuole medie e ricordi legati all’odore dell’incenso. L’uomo al centro del mistero della morte “Si muore sempre per quel che si è, o che si è stati”. Di ogni indagine gli resta sempre qualcosa che non va perduto: un nome, un volto, una frase. Alla fine tira un lungo sospiro come se si fosse tolto un peso dallo stomaco.

Già l’indagine. Sulla morte violenta del giudice Cassese  e dell’usciere Pisaniello e poi un altro morto ancora “a confondere le acque e a complicare il rebus”. E nel mezzo inquinamento e corruzione politica e i soliti mali dell’uomo.

Prosa scarna, essenziale, timbro basso, movimento lento a seguire il dolente percorso di ricerca del commissario. Un lavoro dignitoso.

 

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