James Goodwin ha inventato un personaggio adorabile le cui gesta si muovono in un contesto storico-geografico decisamente poco sfruttato: una decandete Istanbul alla fine del Grande Impero, nell'800 teso alla modernità.

Il personaggio è l'eunuco della corte imperiale, Yashim, che - vista la scarsità di lavoro nell'harem (ormai in fase di smantellamento... dopotutto, le mogli costano anche a un Sultano) - si trova "riciclato" nel ruolo di consulente di corte, dove per "consulente" si intende colui che deve risolvere tutte le grane più spinose, smontare gli scandali prima che sorgano, mantenere insomma quell'aura di opulenza e potere cui il Sultano non vuole rinunciare.

Ed è proprio un ritratto-simbolo della grandezza ottomana che scatena gli eventi narrati ne Il ritratto Bellini: scomparso da Istanbul quattro secoli prima, il ritratto di Maometto il Conquistatore attribuito a Gentile Bellini ricompare misteriosamente a Venezia. Incaricato dal Sultano di riportare il quadro in patria, Yashim parte per la ex Serenissima accompagnato dal fido Palewski, ex ambasciatore polacco senza reale incarico ma con un sacco di conoscenze.

Troverà una Venezia piegata dal giogo austriaco, piena di riminiscenze orientali (il caravanserraglio, dimore arabeggianti, cittadini di ogni punto del mediterraneo...) ma totalmente svuotata della sua vitalità e operosità. Vitalità e operosità che però non mancano a chi, oltre Yashim, vuole impossessarsi del quadro: l'opera scatenerà omicidi, accenderà violente passioni, farà dilapidare fortune inimmaginabili...

Giallo storico appassionante, pieno di inseguimenti, pasti luculliani, bellezze voluttuose (ma chi l'ha detto che gli eunuchi non possono amare?) e deduzioni degne di Sherlock Holmes. Da leggere fino alla divertente appendice del romanzo, dove l'autore narra la storia vera del quadro incriminato, oggi conservato alla National Gallery di Londra.

Il ritratto Bellini

James Goodwin

18,50 euro - Einaudi