Alla corsa c’erano tutti e tra questi Mario Pisticci, il dott. Giuliano Perrino, l’ing. Enrico Ferrigno, il mio meccanico Franco, detto Ciccio, Sesto, e Don Luca Attolico, ex maestro in pensione.

Era una vecchia tradizione, che dal pieno ottocento si svolgeva nel nostro paesino, Garganello sull’Ofanto. Allora c’era una corsa e la si svolgeva su carretti di legno: erano delle vere e proprie trappole ambulanti, dotate solo di una barra di legno comandata che facendo attrito sulle ruote anteriori, agiva da freno permettendo di rallentare, ma neanche poi tanto, visto che la caratteristica della corsa era la pendenza delle piste da sci su cui aveva luogo. Con l’affermarsi delle automobili, anche la vecchia corsa aveva subito degli ammodernamenti, ed i vecchi carretti di legno erano stati soppiantati dalle rombanti auto di primo secolo. Ora, però, a vent’anni dalla fine del secondo millennio dell’era cristiana, io, Donato Calabrese, ricordo i bei tempi, così come li ricordava mio padre e mio nonno, e suo padre e suo nonno.

E’ un grande evento, perché vi partecipano i grandi collezionisti, alla guida di superbe macchine del passato. Ma l’anno scorso lo fu ancor di più, perché l’evento si caricò di una forza che non avrebbe dovuto avere. Ma andiamo per ordine.

Il 25 luglio 2003, una fila strombazzante e ridanciana attraversò le vie del paese, imboccando poi il Corso, una via larga tre metri e lunga una cinquantina, che si soleva denominare Corso in confronto alle altre così più ridotte. Molte autovetture d’epoca sfilavano e “facevano la ruota” quasi fossero dei pavoni. C’era di tutto: dalle Bugatti alle prime FIAT, alle Lancia, alle “Topolino”. Ma quelle che calamitarono lo sguardo incredulo e farneticante dei tanti appassionati giunti da ogni parte d’Italia, furono cinque auto, rappresentative di cinque periodi diversi del Novecento. E Mario Pisticci, il dott. Giuliano Perrino, l’ing. Enrico Ferrigno, Ciccio Sesto, e Don Luca Attolico, erano tra i piloti quelli che si pavoneggiavano di più; e ne avevano ben donde visto che i loro esemplari erano i più ammirati.

Mario Pisticci guidava una Maserati Ghibli, il dott. Perrino una Aston Martin DB5, l’ing.Ferrigno una Jaguar Type E, “Ciccio” una Porsche Coupé, e Don Luca Attolico una Alfa Romeo Spyder. Non c’era solo però l’orgoglio di possedere simili bellezze, ma anche la dichiarata voglia di aggiudicarsi il premio di 500.000 euro.

La manifestazione prevedeva una settimana di incontri, vernissage, possibilità di fotografare le auto in concorso prenotando le apparecchiature messe a noleggio anche disponendo di splendide modelle, ovviamente seminude.

La premiazione della vettura vittoriosa e più bella vi sarebbe stata la domenica seguente. All’aggiudicazione del premio partecipavano in molti, ma la vera lotta era dal secondo posto in poi, visto che molti davano già vincente l’Aston Martin db5; se non ci fosse stata, probabilmente la palma del vincitore se la sarebbero spartita in quattro: Pisticci, Ferrigno, “Ciccio” e Ammirato. Si vociferava che invece loro, col secondo posto avrebbero preso qualcosa come 200.000 euro. Molti non vedevano di buon occhio premi così alti, ma del resto la manifestazione era sponsorizzata da case automobilistiche e la corsa si sarebbe svolta in un autodromo fatto costruire appositamente, e che sarebbe servito per le prove di prototipi da usare in Formula Uno e Tremila; e che avrebbe costituito comunque, si auspicava, una fonte di guadagno in più per il paesino.

Il Premio andava a chi, partecipando alla Corsa e alla Parata, otteneva il punteggio più alto: le due fasi e la successiva premiazione si sarebbero svolte la domenica seguente.

I cinque più Aldo Bini, un altro pilota, che pur potendo competere con gli altri a pieno titolo, possedendo una bellissima Lancia Delta, con un motore rifatto e più potente, pieno già di soldi, aveva preferito non partecipare. Così la Corsa era poi rimasta appannaggio solo di cinque auto.

La tensione era alta, e così il venerdì sera, mentre alcuni piloti già riposavano, altri cercavano di distrarsi e di calmare la tensione leggendo o vedendo la televisione o giocando insieme a carte, nell’ Hotel Supramonte, l’unico a tre stelle in quel paesino che avesse a disposizione 34 stanze tutte accessoriate, e che fosse stato per caso (o non per caso, secondo altri) costruito a non più di trecento metri dall’autodromo. Tra qli altri, proprio i cinque più accreditati avevano deciso, assieme ad altri tre occasionali compagni, di farsi un pokerino.