Arrivare al museo di Sherlock Holmes non è difficile. La metropolitana ferma davanti al museo e alla fermata il profilo di Holmes ti dice che sei nel posto giusto. Anche i tassisti ti ci portano in un attimo… attenzione però a pronunciare bene Backer Street ai tassisti che parlano cockney, il famoso dialetto londinese, per i quali Backer Street si pronuncia Baicker Street (per farvi capire scriveteglielo, che è meglio). Il museo di Sherlock Holmes non è proprio al 221b di Baker Street, ma un po’ più aventi. Al 221 – senza la b – sorgeva fino a qualche anno fa una mastodontica banca, che però adesso non c’è più. La b al numero ha fornito agli ideatori del museo la scusa per ricavare ugualmente da Baker Street una casa-museo dedicata al più famoso e bizzarro investigatore privato di tutti i tempi. Il museo, il cui curator è la signora Grace Riley, è aperto tutti i giorni, Natale escluso, dalle 9.30 alle 18 e il biglietto costa £6 per gli adulti e £4 per i ragazzi al di sotto dei 16 anni. Prima di varcarne la soglia un poliziotto, con la targhetta di Scotland Yard sul cappello, ti saluta gentilmente e ti apre la porta, dopo essersi fatto fotografare.

Non appena si varca la soglia, una targa all’ingresso recita:

Sherlock Holmes e il dottor Watson hanno vissuto qui, al 221b Baker Street tra il 1881 e il 1904, secondo i racconti scritti da Sir Arthur Conan Doyle.

Si salgono le scale che cigolano, come nella migliore tradizione vittoriana, e si è ammessi subito al famoso studio di Holmes, al primo piano. Lo studio, così come recitano i racconti di Conan Doyle, affaccia su Baker Street ed è arredato alla maniera vittoriana più tipica: tendine, tè sul tavolo circolare, tappeti polverosi e rivestimenti in legno. Una cameriera giovane e graziosa, abbigliata secondo il costume dell’epoca, rassetta la stanza e, d’inverno, ravviva il fuoco nel camino. Si va poi nelle stanze da letto e in soffitta, dove alcune brutte statue di cera ci ricordano i nemici più terribili di Holmes, Moriarty comporeso.

Il museo, a dirla tutta è un po’ kitch, ma ha il merito di trasportarci per una mezz’oretta nel clima londinese che dovevano aver respirato i nostri Holmes e Watson… e Doyle, naturalmente. Da pochissimo è anche stata esposta la wicker chair usata dall’artista Sidney Paget come modello per la sedia in cui ritraeva Sherlock Holmes nelle sue magnifiche illustrazioni.

L’attrazione principale del museo è sicuramente lo shop – che tra parentesi non ha un biglietto d’ingresso – dove una graziosa signora agée ti dice di essere Mrs. Hudson e che è pronta a esaudire ogni tua richiesta. I gadget sono carissimi e bizzarri. L’ambiente dello shop è stravagante, una grossa palma al centro lo rende esotico, come dovevano essere alcune verande vittoriane. La quantità di oggetti ti lascia senza fiato. Prima di tutto  Sherlock Holmes è in tutte le versioni possibili: di piombo, di plastica, di peluche e di carta. I dvd e i libri su e con Holmes sono infiniti e le stravaganze non mancano: il tè, il cappello, la pipa, il violino e persino la siringa di Sherlock Holmes, la teiera di Mrs Hudson, la borsa da dottore e la bombetta di Watson eccetera eccetera.

Per chi fosse interessato, il museo sta cercando un events organiser… ma non di epoca vittoriana!