Mentre la fantasia dello scrittore sta creando il dramma di una figlia rapita a una coppia lacerata ma indissolubile, la vita reale dell’autore si squarcia nel dramma della figlia veramente rapita. È il romanzo della premonizione? Pregnante, indagatore, analitico e tenero; un doloroso interrogativo su se stessi, un romanzo sofferto e vivo.

E a questo punto rivediamo davanti a noi il viso cordiale di quel grande scrittore che è stato Frédéric Dard. Il sorriso bonario, quell’espressione che non riesce a suscitare cattivi pensieri. In alcune foto lo vediamo accanto alla moglie, o con la figlia. Un quadretto familiare che non sembra nascondere nulla di particolare. C’è qualcosa dietro quel sorriso?, ci viene da chiedersi. “È chiassoso nei suoi libri, ma così discreto nella vita”, scrive di Charles. Che stia parlando di sé stesso? Quanti interrogativi.

È possibile che uno scrittore nel bel mezzo della stesura del suo nuovo romanzo si ritrovi a viverlo in modo così intenso e imprevedibile? A un lettore amante anche di altri generi letterari una scena del genere richiama alla mente le avventure spettacolari vissute da Bastiano, il giovane protagonista de La storia infinita di Michael Ende. Ma in quel caso sappiamo fin dall’inizio che è pura fantasia. C’è dell’altro. Nella fantastica storia di Ende la meravigliosa unione tra reale e immaginario è frutto di sola finzione: una storia nella storia. Nel caso delle misteriose coincidenze del rapimento della figlia di Dard con i fatti da lui stesso narrati il tutto avviene su un livello diverso: quello del reale, appunto.

E allora torniamo al punto di partenza.

Come possiamo interpretare gli eventi che sconvolsero la vita di Frédéric Dard in quel travagliato 1983? Dopotutto in ogni sua dichiarazione sembra sempre una persona schietta  e genuina:

Quando smetto di scrivere mi sento giù di corda, e devo tornare a battere a macchina una pagina bianca per sentirmi di nuovo in salute.

Un legame, quello con la scrittura, tanto intenso da non poterne fare a meno. Un amore sincero, come quello che può legare a una figlia. E allora, è possibile tradire questi sentimenti oppure dobbiamo leggere in un altro modo gli eventi che hanno per un momento catapultato finzione e realtà sullo stesso piano?

Certo, soffermandoci a leggere qualche passo dei romanzi di Sanantonio, ci rendiamo conto della stravaganza dello scrittore, del modo assai particolare di caratterizzare i personaggi. Un linguaggio sarcastico, diretto, a volte scurrile. Un linguaggio che non cerca troppi giri di parole soprattutto quando l’argomento richiede – nell’ottica di Dard – un approccio spontaneo e graffiante. Il romanzo La finestra in fondo alla strada non esce da questo filone, non del tutto, perlomeno, unendo profonde riflessioni sulla vita ad affreschi d’una sessualità consumata e spontanea – concessi in egual misura a ogni personaggio, da Charles a sua moglie Mélancolia, dal losco Moretti fino a personaggi secondari –, molto al di là di quanto sia comune trovare tra le pagine di un romanzo. E allora quell’immagine sorridente che prima ci ha indotto a ripensare a questa vicenda da un’altra ottica, può stridere con lo stile tagliente dell’autore. Chi è Frédéric Dard? Il bonario padre di famiglia, ex ragioniere e giornalista, tutto proiettato verso i suoi unici amori – famiglia e scrittura – oppure Sanantonio, l’eccentrico scrittore pronto a giocare con le parole e lo stile in funzione di un particolarissimo sense of wonder, fatto di strambe oscenità e un approccio diretto col lettore?

Leggiamo un estratto da uno dei suoi romanzi, Il caso della bella incantata, così da sentirci più vicini allo stile dell’autore: