Il romanzo di Edgar Wallace che presentiamo questa settimana è L’enigma del serpente piumato, ristampato in digitale con il numero 181 nella collana “Zeroquarantanove” della Newton Compton.
Dedicato a Daphne Du Maurier, il romanzo The Feathered Serpent vede la luce a Londra nel 1927 per Hodder & Stoughton.
Sbarca subito in Italia nel 1931 dove, nella neonata collana “I Libri Gialli” Mondadori (n. 9), viene tradotto da O. Dal Sarnio con il titolo L’inafferrabile. Ristampato più e più volte, l’ultima apparizione mondadoriana è del 1969 ne “I Classici del Giallo Mondadori” (n. 70). Riappare nel 1989 quando la Garden Editoriale lo inserisce nella collana “La Biblioteca Classica del Romanzo Giallo” dove, tradotto da Marika Boni Grandi, diventa Il serpente piumato. Dopo alcune ristampe, il romanzo passa alla Newton Compton per “Il Giallo Economico Classico” (n. 102): la traduzione è la stessa ma ora il titolo è L’enigma del serpente piumato.
È con questo titolo e con questa traduzione che appare quest’anno la versione digitale del romanzo, il cui primo capitolo viene qui di seguito presentato.
Ciò che infastidiva maggiormente Peter Dewin, come avrebbe infastidito qualsiasi giornalista che si rispetti, era il cosiddetto elemento romanzesco del caso Lane. In verità, la prima volta che sentì menzionare il serpente piumato scoppiò a ridere. Quando lo sentì nuovamente, sogghignò commentando che nomi simili esistevano solo sul palcoscenico. E in effetti proprio in un teatro ha inizio la storia straordinaria del serpente piumato.
L’applauso del folto pubblico era un rumore assordante che saliva fino al soffitto istoriato dell’Orpheum e ricadeva sulla platea gremita, come il rimbombo di un tuono.
Ella Creed tornò dalle quinte, una graziosa figuretta bianca tutta trine e pizzi, indirizzò uno smagliante sorriso agli ammiratori, portò entrambe le mani alla bocca e uscì con fare un po’ troppo risoluto, per venir subito dopo richiamata sulla scena.
Lanciò un’occhiata d’intesa al direttore e l’orchestra intonò di nuovo le note d’apertura di Quel che mi piace, mi piace, una canzoncina banale come poche. Ella si portò al centro del palcoscenico e dietro di lei si sistemò il corpo di ballo. Per tre minuti buoni i fianchi della soubrette si mossero con la stupefacente rapidità richiesta dall’eccentrica danza. Fece l’uscita in un boato di applausi e di gridolini di gioia da parte di una rappresentanza di pubblico non troppo raffinata.
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