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Che i cavoli fossero proprio amari, lo si capì subito: l’indagine fu affidata ad un pivello di prime armi, che inventò “la soluzione atletica”, come dai giornali locali fu chiamata.

Il dottor Ambrosiani, si era laureato tre anni prima con lode in Scienze Politiche e immediatamente dopo aveva vinto il Concorso a Vice-Commissario in Polizia. Fino a quel momento si era occupato di piccole cose, ma, quasi a voler dimostrare di valere più di quanto avessero immaginato i suoi superiori, fece in modo che l’indagine gli venisse affidata.

Gresson lo ricordò più volte ai suoi amici al bar quando si presentò a lui la prima volta: pareva che avesse visto troppi film americani alla Marlowe, giacché il suo soprabito lontano un chilometro lo avrebbe identificato come appartenente alle forze dell’ordine.

“Sono il Commissario Ambrosiani. Lei è la persona che ci ha chiamati?”:

“Sì. Ing. Gresson. E questo è il Signor Bontempelli, dell’omonima agenzia immobiliare. Stavo visitando la casa con la mia Signora, e proprio lei, visitando la parte nascosta del balcone, ha trovato il cadavere. Il signor Bontempelli, malgrado l’espressione deformata del volto, crede di aver riconosciuto una sua impiegata che, 3 giorni fa, ha fatto perdere le proprie tracce e che voi stessi avete cercato inutilmente”.

“Mi accompagnate?”.

“Sì certo”. Si diressero allo studiolo. Bontempelli si fermò davanti alla soglia.

“Osservi. Vede qualcosa di strano?”.

Il Commissario si guardò in giro e poi fece spallucce.

“Veda il pavimento”.

“Ebbene?”.

“Non vede che è ricoperto di un velo di polvere uniforme?”.

“Certo che lo vedo. E allora?”.

“Chi mai può esser passato da qui?”.

“Mi sembra di aver capito che gli accessi al balcone sono due, quindi... ”.

“... Quindi anche per il salone c’è identica cosa: vi sono, e le troverà, le impronte dei nostri piedi e... basta. Come avrà fatto mai ad arrivare sul balcone l’assassino? E la vittima?”.

“Sicuramente non possono essersi librati nell’aria. Quindi vi dovrà essere un modo; e stia sicuro che alla fine lo troverò”.

L’Ing. Gresson lasciò un bigliettino da visita col suo indirizzo, casomai fosse stato necessario porsi con lui in contatto, e poi raggiunse la sua compagna che l’aspettava giù, dopo aver reso una breve deposizione.

Anche Ambrosiani restò sorpreso quando effettivamente trovò il pavimento del salone così come lo aveva descritto Bontempelli: le orme dei tre visitatori si staccavano, distinguendosi nettamente dal resto del velo di polvere.

“Chi abitava qui un tempo?”.

“Chiedi al portiere”, disse ad un agente lì vicino.

Il portiere salì. Era una persona distrutta dagli anni, con un viso cascante come quello di un bulldog e qualche capello grigio che spuntava nella calvizie generale.

“Si dice che qui abitasse Fabrizio Del Dongo. Fu un personaggio tristemente conosciuto da queste parti. Ma tanti anni fa, tanti. Durante la guerra era un sergente della Decima Mas, nella Repubblica di Salò divenne molto odiato”.

“Commissario, non le dice nulla questo cognome?”.

“Del Dongo, Del Dongo. No,no. Mi dica lei”.

“Ha mai letto Stendhal?”.

“Qualcosa”.

La Certosa di Parma, l’ha letta?”.

“No”.

Lucien Leuwen?”.

“Non ricordo”.

“Ovviamente neanche Il Rosso ed il Nero”.

“Ma insomma ! Le domande dovrei farle io. E poi cosa interessano i miei interessi culturali? Insomma chi era questo Dongo?”.

“Del... Dongo. Fabrizio Del Dongo. È un personaggio de Il Rosso e il Nero, anzi il protagonista”.

“E allora?”.

“Ecco, pare che Stendhal avesse molto impressionato il figlio del vecchio conte, che militava al fianco ai tedeschi. Dicevano le cronache popolari, che avesse cambiato il proprio nominativo con quello del personaggio stendhaliano.

“Sì, è così” aggiunse il portiere. “Il figlio del conte si chiamava Fabrizio Certasio, ma per amore di quel personaggio si faceva chiamare così, con dolore del padre”.

“E che gli accadde?”.

“Nessuno lo sa. È come se l’inferno l’avesse inghiottito”.

“Lei mi ha chiesto chi mai avesse abitato qui, e io gliel’ho detto”.

“Può ritornare alla sua guardiola. Grazie”.

“Secondo lei come avrebbe fatto l’assassino?”.

“Mio caro signore, ho già capito come possa essere andata”

“Davvero?”

Quel poliziotto sprizzava prosopopea come lo spruzzetto del tergicristallo.

“E allora come avrebbe fatto? Sarebbe volato? Ce lo dica commissario, io non sto più nella pelle”

“Come si permette! Io a lei non devo dire nulla”.

“Si sarebbe librato come uno spirito sulle acque? Der Geist uber des wassern”.

“Cosa?”.